Studiare Direzione di Coro in Conservatorio
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Accogliamo sulle pagine di Dirigo un volto noto della Coralità italiana, il M° Michele Napolitano, docente di Direzione di Coro e Composizione Corale presso il Conservatorio “G. Frescobaldi” di Ferrara.

Benvenuto Michele, come ti sei avvicinato al mondo della direzione di coro?

La passione per la musica corale e la direzione di coro risale certamente alla mia infanzia. Mio padre è critico musicale, e suonava anche il violino, per diletto, per cui, in casa si respirava e si ascoltava tanta musica. Era facile, ad esempio, che, la domenica mattina, risuonassero a tutto volume i Corali di Bach! Un altro ricordo che mi ha avvicinato alla musica corale sono stati i viaggi in montagna che facevo in macchina, con mia mamma, mio fratello e mio papà. Soffrivo moltissimo di mal d’auto e mi veniva tutte le volte la nausea. Per cui, l’unico modo per non stare male, era proprio quello di cantare. Ho un ricordo ancora vivido di questi viaggi in cui cantavamo, a più voci, i canti di montagna o anche altre melodie, armonizzando all’impronta. 

Una volta cresciuto, guardandomi indietro, ho capito che probabilmente erano stati proprio certi ricordi della mia infanzia ad avermi dato un forte imprinting, e ad avermi influenzato nelle scelte verso la musica, in particolare, quella corale, proprio perché ero affascinato dalla fusione delle voci fra loro, dal creare armonie e timbri particolari. 

Tra i quindici e i diciotto anni ho poi iniziato a cantare in alcuni gruppi vocali a cappella, a parti reali, e quando mi sono trasferito da Torino a Bologna, visto che continuavo a essere molto appassionato, ho deciso che dovevo intraprendere un percorso di studi che mi desse maggiore conoscenza e solidità nella materia. Mi iscrissi così al Conservatorio “B. B. Martini” di Bologna, compiendo prima i quattro anni di Armonia e Contrappunto, per arrivare poi al percorso triennale di Musica Corale del vecchio ordinamento. Devo moltissimo al mio maestro di Conservatorio, Pier Paolo Scattolin. Pretendeva molto, ma era anche tanto disponibile. Capitava spesso che, se per caso non si riusciva a finire di correggere i compiti degli studenti entro l’orario scolastico, ci si spostasse in una mensa o un self-service, per mangiare tutti assieme e poter ultimare le correzioni dei contrappunti, in mezzo alle macchie di sugo, senza stare tanto a badare alla timbratura di un cartellino. Inoltre, in più occasioni, ci diede la possibilità di dirigere il suo Coro Euridice, cosa che è stata molto formativa per me e tutti i miei compagni di studi. Eravamo studenti alle primissime armi, e affidare la direzione, anche in concerto, di brani con il suo coro meraviglioso e di alto livello, non era una cosa così scontata, ed era certamente un grande atto di fiducia nei nostri confronti. 

Infine, con lui condividevo una visione anche “sociale” del fare coro, che ho tra l’altro sentito sempre anche molto mia: il cantare e crescere insieme, il trascorrere momenti conviviali dopo le prove o i concerti, l’avere una cultura di gruppo e non individualista, l’educare sempre a un pensiero “collettivo”, il credere fermamente che tutti possano cantare e fare musica, indipendentemente delle proprie capacità.

Quale o quali ruoli sociali può avere un direttore di coro oggi?

Come ogni docente, insegnante o educatore, anche il direttore di coro ha un ruolo socialmente importante. Si è un modello di riferimento, sotto tanti aspetti, per chiunque si ha di fronte. E tale ruolo è ancor più delicato se si lavora con bambini, con i cori di voci bianche, o con adolescenti, o con fasce sociali protette e magari, anche a rischio. Si deve dare il buon esempio, col proprio comportamento, a partire anche da alcune cose semplici: il non mancare mai alla prova (il direttore c’è sempre!), l’arrivare puntuali, il fare le scalette delle prove e il preparare con attenzione i brani del repertorio, ecc…ecc… Aspetti preziosi, che significano il prendersi cura musicalmente e umanamente di un gruppo e questa, è una cosa che tutti i coristi riescono a percepire, in particolare, se sono bambini o adolescenti!

Quali repertori frequenti e quali repertori consiglieresti a un giovane direttore che intende migliorarsi?

Il repertorio deve essere scelto in base al gruppo che si ha di fronte. Bisogna tenere innanzitutto conto delle forze che si hanno, numeriche e di capacità. Per me, la scelta deve essere quindi sempre anche didattica. Bisogna fare brani che si è in grado di fare, ma periodicamente, puntare un po’ più in alto, per affrontare difficoltà maggiori e quindi, far crescere nel tempo i cantori e il gruppo stesso. E’ un aspetto molto importante questo, di grande arricchimento. Noto, invece, ancora troppo spesso, che diversi direttori di coro si lasciano più tentare dai loro gusti personali, dal desiderio di fare un brano che si è sempre sognato di dirigere, piuttosto che dal tenere conto delle capacità del loro gruppo, mettendo spesso in difficoltà, se non in crisi, coriste e coristi con cui si lavora. 

Quando si ha a che fare con un gruppo neoformato, si possono scegliere dei canoni o degli arrangiamenti semplici, a 2, massimo 3 voci, magari inserendo degli ostinati e scrivendo di propria mano delle linee vocali che accompagnino in modo funzionale ed elegante la melodia principale. Brani comunque tendenzialmente non contrappuntistici, ma di prevalenza omoritmica, sensibilizzando più all’ascolto della propria intonazione in relazione alle armonie che si creano collettivamente. 

Per un coro di voci bianche, la scelta del repertorio è assai più delicata e complessa, perché bisogna soprattutto scegliere accuratamente i testi che si faranno cantare. Tornando all’idea dei modelli, occorre cercare testi che ispirino i bambini, poesie che creino suggestioni, che stimolino la fantasia, scritti con una bella narrazione e, meglio, da autori che scrivono bene per dei bambini. Risulta sempre difficile calibrare il testo giusto, con l’età giusta, con la musica giusta. Quindi, c’è un grande lavoro di ricerca, appunto. Molto tempo lo si passa a cercare i brani e, quando ne hai visti una cinquantina, ascoltati, analizzati con partitura davanti, inizi a dire: questo è troppo difficile, questo in realtà contiene parole non adatte per tale età, questo musicalmente non mi convince, questo è molto bello, ma forse non ce la si fa a farlo, quest’altro ha un brutto testo ma la musica è bella, e così via… Alla fine, dopo averne visti cinquanta, escludendo di qua e scremando di là, se sei fortunato, ne trovi magari uno o due. Ci vuole molto tempo.

Poi, se si parla di cori misti, ad esempio, si può scegliere anche in base al numero di cantori, ovviamente: il Rinascimento, per dire, con gruppi un po’ più piccoli e non con cori di sessanta persone, a meno che, lo si faccia prettamente con intento didattico e, magari, non eseguendoli in concerto. 

Personalmente amo molto anche il repertorio contemporaneo, e credo fermamente che sia importante, per un coro, affrontare nello studio e nell’esecuzione brani scritti da compositori viventi, con cui, tra l’altro, un direttore di coro può anche relazionarsi e avere un confronto costruttivo.


Studiare Direzione di Coro in ConservatorioMichele Napolitano al Teatro Manzoni di Bologna col Coro Papageno, coro formato da detenute e detenuti della Casa Circondariale di Bologna e da coristi volontari esterni. Photo credits: © Roberto Cifarelli

Quanto è importante la tecnica direttoriale ai fini di una direzione efficace? E come concili, nell’insegnamento in Conservatorio di Direzione di Coro e Composizione corale, lo studio approfondito della composizione con la cura dei dettagli nella tecnica della direzione?

La tecnica è assolutamente fondamentale e la affronto in vari modi. Prima di tutto, attraverso il percorso di studi che vanno dal Propedeutico, al Triennio, fino a giungere al Biennio di Direzione di Coro e Composizione Corale, con i due indirizzi che abbiamo a Ferrara, quello di Musica Antica e quello dedicato al Teatro Musicale. Ma non solo. 

Alcuni anni fa, al Conservatorio “G. P. da Palestrina” di Cagliari, ho ideato un progetto dal nome Officina delle Voci, che accoglieva, oltre a studentesse e studenti del Conservatorio, anche coriste e coristi di varie realtà corali della città, ma anche da Nuoro, Sassari, Oristano. Tra i motivi, c’era sicuramente quello di voler offrire a una nutrita classe di studenti, l’opportunità di lavorare con un gruppo, in modo continuativo, per diversi mesi, per poter sviluppare le proprie capacità gestuali, di comunicazione, e relative alla tecnica di prova. Da quando sono a Ferrara, ho ripreso l’idea di quel progetto, aprendo anche la possibilità a direttori interni o esterni al Conservatorio, ed è quindi nato Officina delle Voci e dei Direttori. L’edizione di quest’anno, per fare un esempio, accoglie oltre venticinque partecipanti, tra cantori provenienti da realtà corali del territorio, studenti, e direttori di coro o d’orchestra già operanti nel campo della direzione, o che vogliano fare un percorso di approfondimento per migliorare le proprie conoscenze. Uno degli aspetti centrali del progetto è, secondo me, il suo carattere continuativo, poiché si svolge da gennaio a ottobre di ogni anno. E questo è un aspetto abbastanza raro nella formazione della direzione di coro, perché solitamente l’offerta formativa, laddove non si faccia un percorso accademico, si limita a masterclass di pochi giorni, un po’ una sorta di “mordi e fuggi” della direzione, in cui il coro laboratorio conosce solitamente già il brano che uno si è studiato, per poi andarlo a dirigere. Per carità, c’è bisogno anche di questo, però, quel che voglio dire è che, per come è strutturato il progetto di Officina delle Voci e dei Direttori, sono fermamente convinto che, il poter lavorare in modo continuativo, con lo stesso gruppo, insegnando ex-novo il proprio brano, incontrando difficoltà lungo il percorso, e dovendo trovare soluzioni efficaci per risolverle (ovviamente, guidati da chi ha più esperienza di loro…), offre il vantaggio, ai partecipanti, di far sedimentare maggiormente le competenze che si acquisiscono nel corso dei mesi. Si ha così il tempo di interiorizzare i gesti, di renderli propri, di acquisire uno stile personale, certamente anche guardando gli altri direttori, con un continuo confronto positivo, mai competitivo, poiché ogni direttore, quando non dirige, si scambia di ruolo, e va a cantare per un compagno e collega. Inoltre, il provare assieme per alcuni mesi fa sì che si creino alcune dinamiche virtuose, cosa che nelle masterclass brevi, non c’è tempo che accada. Ad esempio, i direttori più esperti, con le loro qualità e le loro conoscenze, riescono a far crescere il gruppo, nel tempo, a farlo maturare e arricchire musicalmente. Ognuno può far imparare al gruppo cose diverse, a seconda delle proprie competenze. Il fatto stesso di essere diretti da tanti direttori (quest’anno, sono ben dieci!) è poi di grande stimolo per i cantori, perché li abitua a vedere approcci e gestualità diverse, e li abitua a essere reattivi al minimo gesto di un direttore. Inoltre, e questo è forse la cosa più bella, si crea anche una relazione forte chi tra chi canta e chi guida, a turno, il gruppo: in un clima generale di scambio reciproco e di crescita collettiva, tutti quanti diventano, così, partecipi della costruzione musicale e non solo (da qui, il nome di “Officina delle Voci e dei Direttori”), con l’idea di coltivare il piacere del “far musica assieme”.

Con i miei studenti, e con i partecipanti al percorso di Officina dei Direttori, oltre che con gli incontri laboratoriali assieme a Officina delle Voci, curo l’aspetto tecnico e gestuale anche con incontri collettivi e, laddove c’è un bisogno più mirato, con lezioni individuali. Mi preme studiare attentamente il rapporto tra gesto che si fa e suono che si crea. Questo aspetto, su cui punto molto, forse mi è stato trasmesso dai miei precedenti insegnanti, in primis, da Scattolin, ma anche dai maestri Stanisław Krawczyński e Ragnar Rasmussen, con cui ho approfondito la mia formazione. È il cercare di far comprendere come una diversa quantità di energia, su un attacco, possa ad esempio restituirti un suono con caratteristiche molto differenti, dal pianissimo o un suono molto forte. Una chiusura che ha una t avrà una energia diversa rispetto a una chiusura morbida su una n, oppure su una vocale. È quindi uno studio molto minuzioso, che oserei definire, quasi millimetrico, attento nel calibrare la giusta energia per cercare di ottenere quel determinato suono o parametro musicale. Ovviamente, il gesto fa moltissimo, ma quando si dirige musica, non basta, e va affiancato sempre ad altre cose, come al coinvolgimento di tutto il corpo, alla mimica facciale, allo sguardo, al sentire le emozioni che le partiture ci evocano, e al cercare di trasmetterle assieme e grazie a chi canta di fronte a noi. 

Spesso si vedono direttori che dirigono cori, ma in realtà non hanno una vera e propria preparazione, arrivando da altri percorsi, o dallo studio di uno strumento. Il che, va benissimo, perché hanno certamente competenze utili da offrire, però, quello che voglio dire, è che non ci si può improvvisare direttori di coro, perché è una disciplina complessa, con le sue specificità, per cui va studiata in modo approfondito e, aggiungo, anche nei posti giusti.

Quindi, chi si è avvicinato alla musica corale e adesso, magari, sta dirigendo un gruppo che vuole fare migliorare, o avrebbe il desiderio di crearne uno, lo invito a effettuare dei percorsi anche accademici, perché ritagliarsi del tempo per studiare è una cosa assai preziosa che, più si va avanti con gli anni, e meno si ha il tempo di fare. È una grande fortuna avere del tempo per approfondire e studiare ciò che si ama! E credo che occorra dedicare tempo allo studio sia della direzione di coro che a quello della composizione corale, perché, nella nostra disciplina, per come la si studia in Conservatorio, intendo, vanno e devono andare di pari passo! Avere competenze compositive, o l’aver studiato il contrappunto rinascimentale, sono sempre un valore aggiunto per un direttore di coro. Se si è anche compositori, o si hanno competenze compositive e analitiche, si riesce a capire la forma di un brano anche a colpo d’occhio, a individuare immediatamente dove c’è l’apice di un brano, se c’è una coda, una ripetizione con o senza varianti, se c’è una parte contrastante, tutti elementi fondamentali, cioè chiavi di lettura, che aiutano a maturare una propria interpretazione musicale, aspetto centrale per un direttore. E questo, vale anche viceversa. Se si scrive musica, e si è anche direttori di coro, ci si può cantare le parti che si scrivono, capire se sono cantabili (il contrappunto, in questo senso, insegna moltissimo…), come ci si può immaginare come si dirigerebbe la propria musica. 

Sono due competenze che si completano l’un con l’altra, e danno qualcosa di più a un semplice direttore di coro, o a uno che fa il compositore.

Perché studiare Direzione oggi e perché lo consiglieresti?

Perché avere a che fare con le voci delle persone e lavorare assieme a loro, che siano professionisti o amatori, come l’unire persone diverse, con abilità differenti, è il mestiere più bello del mondo: il fascino del suono in quanto tale, unito allo stare in gruppo, al farlo crescere, è qualcosa che dà una soddisfazione senza eguali. E se uno è appassionato di musica vocale, di musica corale, se vuole far crescere e progredire il gruppo che dirige, non può che dedicare a questi aspetti uno studio approfondito. Non è obbligatorio che debba passare dal Conservatorio, perché in realtà, più persone, più direttori, più campane si sentono e meglio è insomma, per cui ben vengano i workshop, i seminari, le conferenze oppure gli atelier di Composizione o il confronto con gli amici, con i colleghi. Ma certamente, il Conservatorio è uno di quei luoghi in cui si può studiare in modo approfondito la Direzione di Coro e la Composizione Corale e, pertanto, lo caldeggio vivamente.

About Post Author

Luca Buzzavi

Luca Buzzavi ha conseguito con il massimo dei voti il Diploma di Secondo livello in Prepolifonia presso il Conservatorio G. Verdi di Torino sotto la guida del m° Fulvio Rampi, il Diploma di Primo livello in Direzione di coro e Composizione corale (con lode e menzione d’onore) presso il Conservatorio L. Campiani di Mantova, la Laurea in Fisica (con lode) presso l’Università di Bologna, i Master Universitari di I livello in Didattica e Psicopedagogia per DSA e BES e in Strategie e buone pratiche nelle classi multiculturali (entrambi con lode). Ha studiato Chitarra Classica e seguito numerose masterclass sulla Direzione corale. Insegna Chitarra classica, Ear training e Canto corale presso la Fondazione Andreoli dei comuni dell’Area Nord di Modena all’interno della quale prepara la classe di canto corale costituita dal Coro di voci bianche e giovanili Aurora. Per la stessa Fondazione è esperto esterno nella Scuola Primaria per progetti inerenti la Propedeutica Musicale e il Coro scolastico e membro dell’equipe del Progetto Disabilità. È direttore artistico di Accademia Corale Teleion (Poggio Rusco – MN) dove segue il coro da camera Gamma Chorus e la Schola gregoriana Matilde di Canossa, organizza e tiene seminari e corsi estivi con illustri docenti sul Canto Gregoriano e la Polifonia; in particolare è direttore artistico e docente presso la Scuola e il Corso estivo di Canto Gregoriano in collaborazione tra Accademia Corale Teleion e l’ensemble professionale Cantori Gregoriani. È docente del 1° Corso online di Canto Gregoriano e del 2° Corso online: Attualità e Retorica nel Canto Gregoriano, promossi da AERCO. Dirige da settembre 2020 la Schola Gregoriana Ecce promossa da AERCO. È membro del Comitato editoriale delle riviste FarCoro e Dirigo, docente al Corso regionale per direttori di cori scolastici promosso da AERCO e membro della Commissione Artistica di USCI Lombardia nel triennio 2018-2020. Ha ottenuto importanti risultati e riconoscimenti in concorsi corali nazionali in veste di direttore, compositore e commissario.
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