Josquin in Italia? Un autore poco eseguito, tranne che da gruppi specializzati. Paura di un repertorio difficile? Musica troppo lontana? O semplicemente ormai sono altri repertori a destare maggiore interesse? Eppure, riscoprire un repertorio come quello fiammingo-italiano potrebbe portare una ventata di aria nuova in programmi un po’ asfittici dove del rinascimento si ascoltano solo brani triti e ritriti.
«Tutto il mondo non ci invidia soltanto l’invenzione dell’opera, ma anche l’enorme quantità di polifonia prodotta da autori italiani o che hanno operato in Italia. Dovremmo valorizzare e dare suono di più a un’epoca straordinaria per il nostro paese, in modo che si conoscano non solo i nomi di Michelangelo, Brunelleschi, Mantegna, Raffaello, ma anche quelli di Josquin e tanti altri» (Paolo Da Col).
Le celebrazioni sono amate ed odiate, è pur vero che i Grandi (e Josquin lo è) non dovrebbero averne bisogno per essere ricordati, ma è possibile pensare che il 500° anniversario della sua morte, pur con tutte le difficoltà connesse alla pandemia, possa essere l’occasione di una Josquin-Renaissance? Il termine sarebbe inesatto, poiché la sua fama non è venuta mai meno. Tant’è che Baldesar Castiglione, nel Cortegiano poteva raccontare: “Cantandosi pur in presenza della signora duchessa un mottetto, non piacque mai né fu estimato per bono, fin che non si seppe che quella era composizioni di Josquin de Pris. Ma che più chiaro segno volete voi della forza della opinione?»[1]. Questo aneddoto rende l’idea della considerazione di cui godeva il compositore, definito da Lutero “padrone delle note”[2].
Grande fama, eppure poca diffusione ai giorni nostri. Destino un po’ ingiusto, se vogliamo, del quale abbiamo discusso con due direttori che conoscono molto bene la sua musica e da decenni ormai si occupano di questo repertorio: Walter Testolin[3] e Paolo Da Col[4].
Sotto la direzione del primo usciranno nel 2021 due dischi registrati con il gruppo da lui fondato, De labyrintho[5]; potremo ascoltare la messa Faisant regretz e altri mottetti. Nel secondo CD, una raccolta di mottetti intorno al Natale. Il gruppo animerà a Napoli una serata speciale dedicata alla musica antica, il 21 Marzo, in collegamento con i Festival Europei di musica antica, dove verranno eseguite la celebre messa L’homme armé e mottetti dedicati a Ercole D’Este. Il M° Testolin ci ha raccontato la sua idea sulla musica di Josquin: nei suoi brani «si coglie un evidente senso di malinconia che aleggia, soprattutto nella musica profana, e vi è una presenza del senso del sacro che si ricollega con uno dei suoi stili compositivi: l’uso dell’ostinato; un procedimento quasi moderno nella sua insistenza, con l’urgenza della richiesta che diventa ripetitività incessante, un modo di intendere la religiosità in modo ancora medioevale». Innegabile poi il rapporto saldo tra musica e testo: «la sua capacità rivoluzionaria di essere dentro al significato delle parole lo fa veramente un umanista totale. In lui si nota una scrittura madrigalistica ante litteram. Non per niente era considerato creatore di una musica nuova. Consiglio a un ascoltatore di mettersi davanti a Josquin con purezza, e lasciare che faccia tutto la musica».
Altra uscita discografica interessante sarà a cura dell’ensemble Odhecaton, diretto da Paolo Da Col, che pubblicherà un disco per l’etichetta “ARCANA”[6] con musiche scritte in Italia o per l’Italia. Troveremo la Messa Hercules dux ferrariae e una serie di mottetti; quelli con organico ampliato saranno eseguiti con la collaborazione dei “Gesualdo Six”, eccellente formazione britannica, che creerà con l’ensemble italiano un suono d’insieme sicuramente interessante e fruttuoso. All’intonazione perfetta e alla precisione tecnica degli inglesi, Odhecaton potrà sicuramente aggiungere la presenza di voci che sanno sì fondersi nella polifonia, ma sono dotate nello stesso tempo di personalità, espressività, partecipazione. Nelle idee del M° Da Col vi è la volontà di «dare suono a un repertorio che nel nostro paese viene poco eseguito, nonostante sia italiano. I compositori fiamminghi sono venuti in Italia e hanno unito il loro magistero contrappuntistico alla maggiore semplicità, essenzialità, ma anche espressività del gusto italiano». Tra i prossimi appuntamenti del suo gruppo, concerti per il Ravenna festival a Bologna e non solo, anche se tutto ovviamente dipenderà dall’andamento della pandemia.
Pensando ai destinatari della nostra rivista, chiedo al M° Da Col qualche consiglio da poter trasmettere ai direttori che vogliono cimentarsi su questo repertorio. La sua risposta può così essere sintetizzata: avvalersi di edizioni critiche affidabili[7] (utilizzando magari le fonti italiane, le stampe di Petrucci, ma sempre con senso problematico, non dando tutto come scontato); prediligere (quando possibile) l’esecuzione con voci maschili e controtenori; individuare il cantus firmus e metterlo in evidenza[8]; eseguire le musiche profane a parti reali, e lasciare al repertorio sacro la possibilità di essere eseguito con più cantori per parte; esaltare le dissonanze (che già da Josquin vengono usate in maniera espressiva, specie quando il testo parla del “mistero” sia in senso sacro che profano).
Da quanto detto emerge sicuramente l’urgenza di incrementare lo studio di questo repertorio. Seguendo questa direzione, segnaliamo volentieri – tra le occasioni formative per i direttori – una masterclass che si terrà con diversi appuntamenti tra Maggio e Ottobre 2021, organizzata in collaborazione con AERCO[9] con la direzione artistica del M° Francesco Pinamonti, direttore del Coro Polifonico di Santo Spirito di Ferrara, che si avvarrà del contributo prezioso del M° Testolin. Durante diversi appuntamenti verranno studiate le composizioni del periodo ferrarese di Josquin[10] con l’esecuzione di due messe (Hercules dux ferrariae e Ave regina coelorum) all’interno di luoghi legati alla sua presenza in città. I concerti saranno arricchiti da una conferenza e altri eventi[11].
Sempre in ambito di approfondimenti, il programma di Radio3 ‘Lezioni di musica’ ha celebrato Josquin con una serie di 10 incontri conclusi recentemente, dedicati alle sue messe, a cura di Giovanni Bietti[12]. A lui abbiamo chiesto cosa si sentirebbe di dire ai direttori che affrontano lo studio di questo compositore. Ci siamo trovati concordi sul fatto che al giorno d’oggi la musica di Josquin e della sua epoca sia sempre meno eseguita: «oggi si cercano brani più semplici, ma se un coro non si confronta con il repertorio polifonico, se non va alle origini, le sue possibilità di crescita sono molto compromesse». Bietti inoltre sottolinea lo sguardo sul mondo che questa musica ci può offrire: «C’era un’idea più sincretica della realtà, basti pensare che i compositori potevano scrivere una messa su una melodia profana. La cultura Josquiniana è una cultura pre-riforma, che esprime uno spirito rinascimentale più aperto, più disponibile. C’è allo stesso tempo una qualità musicale, la volontà di costruire attraverso i suoni un mondo che non sarebbe stato mai più così equilibrato. Josquin riesce in questo con una consapevolezza, un controllo dei mezzi sonori e una capacità di scrittura che sono quasi ineguagliabili. Ciò significa che vale la pena affrontare la difficoltà di questa struttura che dà risultati incomparabili in termini di crescita». Infine, un’indicazione pratica[13]: «questa musica va spiegata, raccontata. Ad esempio, all’interno di un concerto, può essere utile dedicare una parte all’ascolto del Cantus firmus, o spiegare cos’è e far sentire il canone, ecc. È musica talmente complessa ma nello stesso tempo così ricca che vale la pena di fare uno sforzo per avvicinare il pubblico. Consiglio di essere umili verso l’ascoltatore, non fargli arrivare un pezzo di musica dall’alto, perché non c’è nessuna ragione al mondo per cui oggi una persona debba naturalmente ed automaticamente comprendere un testo scritto da una persona morta 500 anni fa».
Infine, mi permetto di segnalare un utilizzo sperimentale della musica di Josquin: Nel 2018 a Palermo, il Bellini jazz festival ha proposto ‘La musica antica incontra il jazz’, concerto in cui il M° Giuseppe Urso, docente di batteria e percussioni presso il conservatorio, ha contaminato l’esecuzione vocale di Fortuna d’un gran tempo e altri mottetti con ritmi, suoni, improvvisazioni jazz.
Con un po’ di fantasia possiamo immaginare gli ascoltatori stupiti, mentre pensavano di aver ascoltato un nuovo tema ‘fin che non si seppe che quella era composizioni di Josquin de Pris’[14].
[1] https://www.liberliber.it/mediateca/libri/c/castiglione/il_libro_del_cortegiano/pdf/il_lib_p.pdf, XXXV capitolo
[2] «Gli altri maestri devono fare come vogliono le note, ma Josquin è il padrone delle note, che hanno dovuto fare come vuole lui» (Martin Lutero)
[3] https://www.amicimusicapadova.org/musicisti/walter-testolin/
[4] http://www.mitosettembremusica.it/it/programma/artisti/da-col-e.html
[6] https://outhere-music.com/
[7] https://www.giornaledellamusica.it/articoli/josquinology-1919-2017-la-monumentale-edizione-critica-di-josquin-desprez
[8] La Cappella “Alamire” ha inciso nel 1995 un CD in cui il c.f. della messa “L’ami Baudechon” era eseguito da un trombone, come spiegato da G. Bietti nelle sue “Lezioni di musica” su Radio3: https://youtu.be/MqZ7dv6GQRo
[9] Associazione Emiliano-Romagnola Cori
[10] Tra le città italiane il nome di Josquin è associato maggiormente a Ferrara; qui tra il 1503 e il 1504 il musicista stabilì uno stretto legame tanto con il Duca Ercole quanto con l’entourage di Alfonso d’Este e Lucrezia Borgia, in principal modo con Pietro Bembo. Tra i frutti artistici di quegli anni straordinari, il Miserere, i mottetti Virgo salutiferi e Inviolata a 5, Praeter rerum seriem, e la famosa messa scritta sopra le note del nome del duca, ovvero la Hercules dux Ferrariae.
[11] Per info: https://www.facebook.com/corosantospiritofe
[12]https://www.raiplayradio.it/articoli/2020/12/Radio3-Lezioni-di-musica–Bietti-Josquin-Desprez-9a1f5d85-9770-4b99-99fc-a60ced1c7566.html
[13] «C’è un percorso di conoscenza nell’ascolto di ogni brano. Il mio compito è di aiutare l’ascoltatore a passare dall’emozione alla conoscenza. Partire cioè dalla pura emozione (la bellezza del suono, l’originalità del ritmo, la forza del timbro…) per capire poi che attraverso questi elementi puramente musicali il compositore invece voleva dirci qualcosa» (G. Bietti)
[14] Del brano di Josquin al momento non ci sono registrazioni sul web, ma è possibile ascoltarne un altro, eseguito nella stessa serata, al link https://youtu.be/4z1FQwnNi64