Di Luca Buzzavi e Davide Fagherazzi
Direttore di Coro e Direttore d’Orchestra: due ruoli imprescindibili in moltissime occasioni artistiche, due figure di leadership che lavorano in situazioni diverse rivolgendosi a ‘operatori’ con background musicali spesso profondamente lontani. Nel presente contributo si è cercato di mettere in evidenza analogie e dicotomie che li caratterizzano.
Formazione
Spesso il percorso di formazione come direttore d’orchestra viene intrapreso dopo un primo diploma in strumento o in composizione. Gran parte dei direttori è pianista o violinista e il motivo è presto detto: un pianista è abituato a leggere la musica in verticale, a concepire un brano come insieme di voci sovrapposte, ognuna con una funzione, un’espressione particolare, a saper leggere l’armonia e il gioco di contrappunto tra le voci. Un violinista ha dalla sua la grande esperienza in orchestra e il fatto di conoscere bene gli archi (che sono circa il 70% dell’organico orchestrale). Nelle bande e nelle orchestre di fiati accade sovente che diventino direttori i clarinettisti (l’alter ego degli archi delle orchestre sinfoniche) o i trombettisti (per il loro carattere da leader).
Qualsiasi sia il suo strumento principale, un buon direttore d’orchestra dovrà negli anni studiare un po’ tutti gli strumenti dell’orchestra per impararne il fraseggio, i vizi e le virtù, i limiti e le potenzialità, per sapere cosa chiedere ai musicisti che condurrà. A questo si aggiungeranno corsi di composizione, arrangiamento, analisi, di direzione/gestualità, di prassi esecutiva etc.
Uno dei difetti dello studiare direzione in conservatorio è – spesso – la mancanza di un’orchestra con cui studiare: di solito le lezioni vengono fatte dirigendo uno o due pianoforti, nel migliore dei casi (e più raramente) dirigendo un quartetto d’archi o piccoli ensemble di fiati. Per questo il giovane studente dovrà cercare ogni occasione possibile per proporsi come assistente di un direttore di un’orchestra del territorio oppure, per i più intraprendenti, provare a costruire un’orchestra sperimentale, fatta per lo più da amici, per avere l’occasione di dirigere qualche concerto.
Il diploma in conservatorio è solo il primo passo: a questo dovrà seguire un costante aggiornamento frequentando masterclass in giro per il mondo, inseguendo importanti direttori e diventandone assistenti e maestri sostituti o, se interessati all’opera, fare un percorso come maestro collaboratore in teatro. Non si smetterà mai di studiare.
Dal momento che per formarsi un direttore ha bisogno di studiare con l’orchestra e l’orchestra è fatta di professionisti, il direttore dovrà investire ingenti somme per partecipare a masterclass che mettono a disposizione orchestre per lo studio (un buon corso di una settimana costa in media 1.000€ a cui si vanno ad aggiungere spese di vitto e alloggio).
Non è quindi una professione alla portata di tutti.
Diciamolo subito: il direttore di coro condivide con il direttore d’orchestra, sovente, la mancanza di un buon coro laboratorio nei primi anni della formazione conservatoriale. Capita non di rado di lavorare con gruppi vocali assemblati in occasione di qualche prova o direttamente agli esami. Per tutto quanto concerne il resto dei corsi, si scrive moltissimo contrappunto storico per passare direttamente alla scrittura personale contemporanea avendo analizzato qualche brano dei secoli tra il 1600 e l’attualità. Così il direttore che vuole apprendere la gestualità, che intende operare sul campo, che vuole ‘andare a bottega’ si immerge nel mondo dell’amatorialità, che è fatto di grande volontariato, in cui si conoscono persone di grandissima forza d’animo e generosità, ma che, strutturalmente, non sono professionisti della voce. Il direttore di coro forgia i suoi strumenti nella vera situazione pedagogica, quella in cui sei costretto, per formare l’ensemble, a inventare continui stratagemmi, cambi di passo, farti ‘psicologo’ e guida di un gruppo che come primaria esigenza ha lo stare bene insieme, per poi fare buona Musica.
Altro tasto interessante: le competenze vocali e strumentali richieste a un Direttore di coro. In prova capita di dover accompagnare il gruppo, magari in fase di studio. Quindi occorrono capacità pianistiche, ma anche di Lettura della Partitura, di saper sintetizzare sui tasti bianco-neri ciò che accade dentro e attorno al coro. Altrettanto occorre avere un’idea di suono vocale: è indispensabile che il direttore sia anche vocalista, per poter agire-direttamente sulla tecnica dello strumento di ognuno dei suoi cantori. Non ci sono molte alternative, fa parte del mestiere.
Lavoro (giornata tipo)
Quello del direttore d’orchestra il più delle volte è un lavoro svolto in maniera professionale: il direttore ha partita iva, si affida a un’agenzia di rappresentanza artistica che promuove la sua professione presso le istituzioni lirico sinfoniche, viene assunto per un determinato periodo come direttore principale di un’istituzione e al contempo porta avanti un’attività come direttore ospite per produzioni temporanee svolte con altre orchestre.
Spesso ci si specializza in un certo repertorio (operistico piuttosto che sinfonico, un tale periodo storico, un certo compositore).
Gran parte del tempo è dedicato allo studio del repertorio che verrà affrontato nelle produzioni in essere: studio a tavolino della partitura, lettura di libri, analisi, approfondimenti sul repertorio, sull’autore, lettura della partitura a pianoforte, incontri con il primo violino per valutare le arcate, incontri con registi, sceneggiatori, coreografi, direttori di coro nel caso di produzioni operistiche. A questo segue il periodo di prova con l’orchestra ed eventualmente con coro e cantanti, un periodo spesso limitato, più breve rispetto al primo di studio personale. A seconda della difficoltà del repertorio da eseguire possono volerci settimane, mesi o anche anni di studio personale per affrontare poi la prova con l’orchestra che potrebbe concentrarsi in pochi giorni. È un lavoro che, a differenza di quanto si potrebbe pensare, richiede tanta solitudine.
Anche il direttore di coro vive momenti di intenso raccoglimento nella ricerca, nello studio, nell’analisi dei brani che il gruppo affronterà. Ma, a differenza del lavoro con l’orchestra, in moltissimi casi, avrà incontri settimanali (o comunque cadenzati) con i gruppi amatoriali per assemblare il repertorio. Il lavoro è intenso, le sorprese non mancano, la pazienza è indispensabile e (quasi sempre) il risultato finale premia gli sforzi. Le eccezioni non mancano, alcuni direttori sono assunti da enti che godono di cori stabili o riescono a sfondare con gruppi professionali che hanno loro stessi fondato; ma si tratta davvero di una percentuale notevolmente inferiore al totale dei direttori di coro operanti.
Si può vivere dell’essere Direttore di coro? Qualche volta capita… ed è meraviglioso! Nella gran parte dei casi i direttori del mondo corale sono primariamente docenti nelle scuole, nelle scuole di Musica, in Conservatorio. Ci auguriamo che sempre più frequentemente ci sia la possibilità di figure professionali che si dedicano solo a preparare e far crescere la coralità!
Lavoro con professionisti e con amatori
Il direttore d’orchestra lavora in genere con professionisti: è richiesta una preparazione superiore del direttore, costantemente messo alla prova dai musicisti. Da questo punto di vista, la professione del direttore a volte non differisce da quella di un domatore di leoni.
Un direttore di coro generalmente lavora con amatori, non necessariamente alfabetizzati per leggere la musica.
Dai musicisti è richiesto un maggior rigore, nel rispetto dei tempi/orari, nel portare avanti un “progetto di crescita”.
Anche quando l’orchestra non è ‘formalmente professionale’ (ovvero, riconosciuta tra le Istituzioni concertistico-orchestrali (ICO) o parte delle Fondazioni Lirico Sinfoniche) è comunque costituita da musicisti professionisti o che sono comunque diplomati nel loro strumento, spesso poi con anni di esperienze in orchestre costruite “a progetto”.
Il repertorio affrontato, anche il più semplice, richiede comunque un’ottima padronanza del proprio strumento: non ci si può improvvisare musicisti (se l’obiettivo è medio-alto).
Spesso si incorre in un doppio errore: pensare che l’amatore e un gruppo amatoriale non possa confezionare dei prodotti di valore e d’altro canto che un professionista si riduca a suonare/cantare per timbrare il cartellino e abbia perso tutta la passione che ancora nutre un amatore. Non è giusto né da una parte né dall’altra. Può succedere che nel professionismo subentri la stanchezza della routine, ma tutti i professionisti che lavorano in un teatro hanno scelto quella professione e ci sono giunti dopo anni di sacrifici. Sta poi alla direzione artistica evitare che la routine crei stanchezza e un venir meno della passione. Come? essendo entusiasti in prima persona, proponendo repertori al di fuori del repertorio classico d’opera e sinfonico. Per un’orchestra potrebbe essere interessante lavorare su produzioni a formazioni ridotte o su repertorio contemporaneo. Per un coro professionale potrebbe ad esempio essere interessante approfondire il repertorio da camera (quello polifonico diventa più complesso perché cantare a cappella è molto distante dal repertorio affrontato normalmente dai cori dei teatri).
La gestualità e la chironomia
È importante saper dirigere con la bacchetta per farsi vedere fino alle ultime file di un’orchestra e per riuscire a giocare sulla precisione di ogni punto di attacco ma al contempo sapersi adattare anche a una direzione senza bacchetta quando il gruppo da dirigere diventa più piccolo e quando è richiesto dall’andamento del brano per dargli maggior espressività.
Il direttore d’orchestra deve sviluppare un linguaggio universale: spesso ha contratti a tempo limitato come direttore principale e al contempo viene invitato come direttore ospite in altre realtà orchestrali nazionali e internazionali per cui è importante avere un gesto chiaro che permetta di essere interpretato senza troppe spiegazioni verbali, anche perché il tempo che viene dato per preparare una produzione è di pochi giorni, a volte di poche ore, per cui non c’è tempo per parlare. Bisogna saper comunicare con il gesto e saper leggere nei primi minuti di conoscenza le dinamiche del gruppo che ci si trova a dirigere.
Per un direttore di coro, la questione risale a ben prima ed è molto ricca. L’utilizzo delle mani sia in chiave pedagogica che per condurre il gruppo è ‘raccontato’ da un’ampia iconografia e da alcuni importanti trattati. La didattica ha di conseguenza mutuato questi stimoli, producendo fondamentali tecniche chironomiche utilissime soprattutto in contesti di coro scolastico. Senza parlare, poi, del sempre più diffuso impiego della Lingua dei Segni all’interno dei cori di voci bianche e giovanili a testimoniare la Bellezza che può scaturire anche da una piena inclusione di ogni diversità.
La gestualità nel mondo direttoriale è ad oggi quanto mai diversificata e non di rado si realizzano collaborazioni stabili tra coro e maestro. Esse danno sicurezza, creano legami, saldano punti fermi (fermissimi!). In taluni casi, risulterebbe un toccasana anche invitare direttori ospiti, partecipare a eventi con altri cori, masterclass, fungere da coro laboratorio per classi di direzione… tutto ciò rende il coro meno strettamente collegato ad un unico codice gestuale e stimola i direttori ad averne uno maggiormente intelligibile da chiunque.
Tecnica strumentale vs tecnica vocale, vedere e non vedere
Lavorare con strumentisti invece che con cantanti ha per il direttore il vantaggio di poter “vedere” la tecnica utilizzata dai musicisti, le articolazioni, le arcate, ed eventualmente intervenire con dei suggerimenti e accorgimenti mirati che hanno subito un riscontro positivo sul suono emesso dallo strumento.
Il direttore di coro non vede mai lo strumento concreto con cui opera. E non lo vedono neppure i cantori che dirige. Così pure, sulla tecnica vocale c’è un mondo di leggende, credenze, ‘tradizioni’ che raramente vengono sfatate e che, ultimamente, la foniatria sta tentando di riordinare tramite evidenze scientifiche. Conoscere l’apparato fono-respiratorio e saperlo condurre per immagini è un’arte che non molti direttori di coro conoscono a pieno. Non a caso, fioriscono sempre più corsi di formazione dedicati a tale argomento!
Scambi orchestrali vs scambi corali
Il numero di orchestre è sicuramente inferiore al numero di cori e il costo per muovere un’orchestra è più ingente di quello per muover un coro. Per tutto questo, gli scambi/gemellaggi tra orchestre sono molto più rari degli scambi corali. Altrettanto rari sono i concorsi e festival dedicati alle orchestre sinfoniche: le orchestre stabili sono pagate per produrre spettacoli e non sarebbe comunque interesse dei professionisti partecipare a concorsi di confronto tra orchestre. Ancora meno probabile poi l’interesse di un’orchestra “a progetto” nel partecipare a questi incontri dal momento che in questo caso mancherebbe anche il senso di appartenenza al gruppo che motiva i professionisti a concorrere.
Leggermente diversa è la situazione nel mondo bandistico: le bande (o orchestre di fiati) sono composte per la maggioranza da amatori non professionisti, legati da un forte senso di appartenenza al gruppo e con voglia di vivere l’esperienza musicale come parte di momenti di incontro, di festa e condivisione. Per questo i musicisti sono disposti a investire proprie risorse per gli spostamenti e la partecipazione a concorsi e festival che in questo settore sono molto più frequenti.
Gli scambi corali, va da sé, fanno parte della vita sociale di qualsiasi coro: si tratta di esperienze che restano nella mente e nel cuore e si tramandano nei racconti per generazioni. Negli scambi corali si scambiano emozioni, punti di vista, metodologie, idee, ma anche… nascono amori che – esperienza vissuta da entrambi i redattori del presente contributo – sfociano in unioni durature!
Orchestre scolastiche e cori scolastici
È molto più complesso organizzare un’orchestra piuttosto che un coro scolastico. Per esempio, ci sono dei costi iniziali di avvio molto più alti, per comprare lo strumentario, per affittare uno spazio ampio per le prove sufficientemente insonorizzato, etc. e sono poi richiesti molti anni per riuscire ad ottenere i primi risultati (si pensi che per ottenere un suono apprezzabile da un arco ci vogliono almeno 5 anni, al termine dei quali lo studente completa il percorso scolastico e cambia scuola lasciando il gruppo).
I cori scolastici sono in crescita. O meglio lo erano prima del Covid, speriamo in una piena ripartenza. Come afferma il grande compositore inglese John Rutter, ‘una scuola senza un coro è come un corpo senz’anima’. Verissimo: nel coro della scuola i bambini e i ragazzi possono trovare un vero esempio di educazione civica, in cui l’ascolto reciproco diventa strumento imprescindibile per il dialogo musicale.
Gestione della prova
Venti/trenta minuti prima dell’inizio della prova, gli strumentisti arrivano in sala prove per l’assestamento ovvero quel periodo di tempo necessario per preparare gli strumenti, montarli, accordarli, riscaldarli, posizionarli nella sala prove o sul palco. Ogni strumento ha le sue esigenze ed è necessario un tempo di preparazione prima della prova.
All’inizio della prova, il primo violino (referente dell’orchestra, punto di riferimento anche quando i direttori si alternano nelle diverse produzioni) avvia il momento di accordatura di tutta l’orchestra chiedendo al primo oboe il La di riferimento per l’intonazione.
Terminato questo momento, sale sul podio il direttore e la prova ha inizio. Da quel momento in avanti la prova si concentra sulla concertazione dei brani, la sistemazione dell’intonazione di alcuni punti critici, degli attacchi (soprattutto per i fiati), l’eventuale modifica di qualche arcata, di qualche articolazione etc. e poi tanto lavoro sull’interpretazione della partitura. In genere si lavora con professionisti per cui ogni musicista arriva alla prima prova con la parte studiata. Se questo non dovesse accadere, in primo luogo il direttore richiama i musicisti al senso di responsabilità per il loro lavoro e in secondo luogo riprende i punti più difficili della partitura eseguendoli sotto tempo per riuscire a correggere le problematiche tecniche.
Con le orchestre di fiati/bande, la prova inizia con un riscaldamento guidato dal direttore o vice direttore. Verranno eseguite delle scale lente per riscaldare gli strumenti a fiato e perfezionare l’intonazione, a cui seguiranno dei brevi brani di riscaldamento come corali di J. S. Bach trascritti per orchestra di fiati o altri brani di warm-up (molto usati quelli di Claude T. Smith) pensati appositamente per lavorare sull’intonazione. Diversamente da quanto avviene con il coro, non è di interesse né coprire tutta l’estensione degli strumenti né lavorare sull’agilità, quanto piuttosto far fluire più possibile aria negli strumenti per riscaldarli e dare la possibilità agli strumentisti di correggere eventuali intonazioni, omogeneizzando il suono e l’intonazione complessiva del gruppo.
Con orchestre e bande amatoriali, la prova d’insieme viene preceduta da prove di sezione (es. archi, clarinetti, percussioni) dove lo studio personale fatto a casa da ciascun musicista, viene completato con una o più prove riservate alla singola sezione, dove più musicisti suonano la stessa parte o parti simili. Questo permette di risolvere problemi simili e comuni a più strumentisti senza perdere tempo prezioso nella prova d’insieme. Le prove di sezione vengono in genere condotte dalle prime parti responsabili della sezione (es. primo violino, primo clarinetto, timpanista) e si concentrano sul risolvere problemi tecnici. Tutto ciò che riguarda la concertazione verrà lasciato alla responsabilità del direttore durante le prove d’insieme.
Un’orchestra sinfonica sostiene tranquillamente una media di 6-7 ore di prove al giorno. Per le bande e le orchestre di fiati il discorso è differente perché dopo un po’ vien meno la resistenza delle labbra per riuscire a produrre un bel suono per cui le prove durano in media 2-3 ore, nelle orchestre di fiati professionali poco di più, con una pausa intermedia.
Per i cori il discorso è diverso. Ci si interroga sempre più (finalmente!) su cosa significhi “riscaldare la voce”. È frequente sentire nei corsi di formazione la domanda: “è davvero utile scaldare la voce alle 9 di sera? Non abbiamo già parlato tutto il giorno?”. Francamente, delle formule tonali “do-re-mi-fa-sol-fa-mi-re-do” trasportate su e giù distrattamente mentre i coristi scambiano messaggi con i cellulari… non se ne può più. A maggior ragione se poi la prova non dovesse essere finalizzata allo studio di musica tonale, ma modale. Non è più efficace estrapolare formule, incisi, passaggi dal repertorio oggetto corrente e utilizzare quelle come warm-up? Inoltre, se la prova è a giornata inoltrata o di sera, non è più corretto intendere i momenti iniziali come finalizzati ad assumere il corretto atteggiamento di connessione tra mente e corpo funzionale all’atto vocale del cantare?
Quanto durano le prove corali? Dipende dal tipo di coro, dal livello di tenuta, dagli obiettivi che sono in cantiere. Quasi mai raggiungono le molte ore e il punto di riferimento è quasi sempre il maestro del coro che, se n’è già parlato nei precedenti numeri, diventa una chiave-di-volta per il gruppo anche dal punto di vista umano.
Consigli per un direttore di coro che dovesse dirigere un gruppo strumentale
Gesto preciso negli attacchi: deve essere chiaro il punto di attacco e il piano della direzione. Se possibile, soprattutto con gruppi grandi, utilizzare una bacchetta per essere ancora più precisi sul punto di attacco.
Con gruppi e spazi grandi, considerare il ritardo del suono che arriva dai fiati delle ultime fila dell’orchestra e valutare di conseguenza un gesto con maggiore anticipo sull’orchestra.
Trovare un compromesso tra l’andamento che richiede il coro per riuscire a prolungare il fiato su una frase e le difficoltà tecniche che possono incontrare gli strumentisti nell’articolare chiaramente ciascuna nota.
Affidarsi al primo violino per la scelta delle arcate. Esse dipendono, ad esempio, dal tipo di attacco o di chiusura che si chiede agli archi in ogni frase e per questo è importante che primo violino e direttore si incontrino nelle settimane precedenti alle prove per definire assieme le arcate, mediando tra intenzioni interpretative del direttore e comodità tecnica per gli archi. Esse andranno poi comunicate agli strumentisti con qualche settimana di anticipo affinché possano tenerne conto anche in fase di studio della parte.
Il direttore dovrà comunicare al primo violino la scelta dell’intonazione del La (standard 440Hz o più brillante a 442Hz o un alternativo 432Hz?).
Consigli per un direttore d’orchestra che dovesse dirigere un gruppo vocale
Attenzione ai respiri e alle chiusure di frase (soprattutto in presenza di consonanti). Per il warm-up, vedi sopra. Affidarsi al direttore del coro o al preparatore vocale, può essere una buona idea. Anche l’attenzione ai tempi di prova è importante, così come tenere conto del fatto che l’orchestra suona quasi sempre seduta e il coro non potrà restare in piedi per un ugual numero di ore.
Come avviene la collaborazione tra direttore di coro e direttore d’orchestra in produzioni condivise: ruoli e relazione nella costruzione dell’evento
Prima di ogni produzione è importante che il direttore di coro si confronti con il direttore d’orchestra chiedendo spiegazioni, eventuali spartiti con indicazioni in modo da capire quale sia la sua visione dell’opera per impostare il lavoro con il coro in linea con quella idea (che non necessariamente coincide con quella del direttore di coro). Nonostante questo però è indubbio che il direttore di coro dà comunque una sua impronta al gruppo per quanto riguarda la vocalità, il modo di cantare: dopo un po’ di tempo che un direttore lavora con un gruppo, la massa assorbe la sua idea del canto per cui quello su cui si agisce nel corso della produzione è comunque un compromesso tra ciò che il coro ha assimilato negli anni, la vocalità che ha costruito, e l’idea più o meno nuova che si aggiunge nella collaborazione con l’orchestra e con il suo direttore.
Di fondamentale importanza è la pianificazione dei tempi di prova della produzione con coro e orchestra. Tenere gruppi interi fermi mentre si prova con altri è dispersivo e rischia di inficiare il risultato del concerto.
Dirigere il coro e Condurre l’orchestra, due ruoli importantissimi, affascinanti che auguriamo di cuore a ogni collega musicista. Due mondi a volte simili, spesso profondamente diversi, ma che nascondono un enorme fascino che sta contagiando i giovanissimi. Vogliamo credere – e ce lo auguriamo – in un futuro dove cori e orchestre siano alla base della formazione di ogni individuo!
Complimeti Luca