Tra le varie attività organizzate dall’ANDCI, il Campus internazionale di Assisi occupa sicuramente un posto di rilievo per la varietà e la qualità della proposta formativa. Anche quest’anno, per la terza edizione del Campus, i corsi sono stati condotti da professionisti di fama internazionale che hanno richiamato musicisti da tutt’Italia. I circa cento partecipanti, nelle tre intense giornate di studio, hanno avuto la possibilità di approfondire aspetti specifici di canto, direzione, repertorio e composizione. Non solo lezioni ma scambi di idee, nuove conoscenze e progetti musicali in un clima di gioia e confronto, in pieno stile ANDCI.
Entrando nello specifico del programma, il pomeriggio del 28 luglio è stato dedicato alla musica liturgica, esaminata sotto tre punti di vista: forme e generi nella liturgia con don Denis Silano, musicologo e maestro di cappella della Cattedrale di Vercelli; analisi del repertorio liturgico contemporaneo italiano con Roberto Brisotto, compositore e direttore del coro polifonico “Cappella Civica” della Cattedrale di San Giusto a Trieste; le diverse forme del canto corale nel culto ortodosso con la cantante e direttrice Anna Kaira.
Per i direttori di coro le giornate del 29 e 30 luglio sono cominciate con le lezioni di tecnica vocale di Catharina Sharp: esercizi, arricchiti da utili ed interessanti informazioni di anatomia e fisiologia, per un uso più corretto e consapevole del nostro apparato fonatorio – la postura, la respirazione fino all’ emissione del suono.
Le giornate proseguivano con la pratica corale condotta dal direttore svedese Ragnar Bohlin e dal direttore lituano Vytautas Miskinis. I due grandi ospiti internazionali hanno proposto percorsi affascinanti sull’arte del gesto, mezzo che permette di comunicare al coro il pensiero musicale del direttore. “Bisogna essere innamorati della musica per comunicare naturalmente con il gesto delle mani e l’espressione del volto la propria intenzione al coro” queste le parole di Bohlin, premiato con il Grammy Award alla direzione del San Francisco Symphony Chorus, che ha tenuto il corso di “Pratica corale del repertorio polifonico del Nord Europa”, uno sguardo sull’affascinante musica contemporanea dell’area scandinava.
Miskinis, uno dei massimi compositori di musica corale contemporanea, ha condotto un “Seminario monografico” incentrato sullo studio delle sue opere – l’ispirazione, la scrittura e la lettura dello spartito, l’interpretazione – ed ha guidato i direttori attraverso percorsi di improvvisazione.
I compositori hanno seguito invece il Laboratorio di composizione corale, condotto dal grandissimo musicista polacco Pawel Lukaszewski: durante le giornate del Campus hanno potuto analizzare le opere e approfondire il suo pensiero musicale confrontandosi direttamente con lui. Così il compositore Giorgio Susana dopo il Campus con Lukaszewski: “Un onore conoscere Pawel e la sua musica; sono rimasto colpito dalla semplicità, umanità e generosità della persona e ammirato dalla professione, convinta, della sua fede religiosa che si manifesta attraverso le sue composizione”.
Non sono mancati momenti di ilarità corale grazie alle serate di Open Singing in cui tutti i partecipanti hanno cantato guidati dai direttori Giorgio Susana, Manolo Da Rold e Mauro Marchetti, che per l’occasione hanno rielaborato brani della cultura popolare in scherzose e coinvolgenti versioni per coro a quattro voci.
Come negli anni precedenti, ai cantori più piccoli è stato riservato il “Laboratorio di Coro di voci bianche”, tenuto per l’occasione dalle direttrici Radmila Visentin e Antonella Masciotti.
Un’esperienza leggera e formativa al tempo stesso che ha dato la possibilità ai bambini di conoscere nuovi amici e di divertirsi facendo musica insieme. Tra i momenti più significativi del Campus si inseriscono gli “Aperitivi”: incontri informali che si sono svolti nel tardo pomeriggio e che hanno dato la possibilità di conoscere da vicino i Maestri Lukaszewski, Bohlin, Miskinis.
APERITIVO CON IL COMPOSITORE: PAWEŁ ŁUKASZEWSKI
Ci può raccontare qualcosa sulla sua formazione?
La mia esperienza è cominciata all’asilo musicale e dopo due anni di pianoforte ho scelto il violoncello, strumento che ho studiato al liceo e poi presso l’Accademia Chopin, l’istituto musicale più antico della Polonia, nel quale si è formato Chopin. Successivamente ho intrapreso gli studi di composizione, seguendo le orme di mio padre; anche mia madre era musicista e dirigeva una scuola musicale. Mi sono innamorato della musica corale quando sono entrato nel coro accademico… da quel momento il mio scopo è diventato scrivere musica corale. In Accademia mi sono laureato in Direzione di coro con Dottorato e Master in Composizione. È fondamentale per un compositore cantare in un coro, solo così potrà analizzare le partiture e comporre in modo corretto per le voci. Sono stato membro del Coro dell’Accademia di Teologia di Varsavia per 16 anni. Ero baritono, assistente direttore e poi secondo direttore del coro. Ho cantato anche con il Coro Filarmonico Nazionale di Varsavia che affrontava un repertorio molto vasto e complesso – Paderewski, Mahler, Bruckner, Honegger – . Ho avuto molti insegnanti e per quanto riguarda la composizione sono stato ispirato dalle figure di Arvo Part, John Tavener e Henryk Gorecki.
Nel lavoro di docente come si indirizzano gli studenti verso uno stile?
Ci sono due ore di lezione settimanali; nella prima si guarda la scrittura dell’allievo e nell’altra si analizza il repertorio dal quale l’allievo stesso può trarre ispirazione. Gli studenti seguono tante altre materie come contrappunto, armonia, storia della musica, storia della musica contemporanea, orchestrazione, ma possono comporre come vogliono, non devono seguire uno stile, sono liberi di esprimersi. Abbiamo a disposizione un bagaglio di millenni di musica e dobbiamo metterlo a frutto per cose nuove. Gli allievi hanno l’obbligo di scrivere per vari organici – strumento solo, musica da camera, corale, orchestrale – ma non in uno stile preciso. Alla fine del percorso devono scrivere un grande pezzo per orchestra sinfonica oppure un oratorio o una messa o concerto solista.
Agli stili del passato abbiamo dato un nome: musica rinascimentale, barocca, romantica, impressionista, d’avanguardia. Tra duecento anni come chiameranno questo periodo?
Non c’è un’unità di stile quindi sarà difficile dargli un nome. Ogni compositore segue una propria linea. E’ importante l’idea, la tecnica, la scrittura ma forse è più importante il cuore, Dio, quello che si riesce a comunicare. Il mio scopo è far sentire bene chi ascolta.
I compositori contemporanei scrivono in modo complesso e talvolta incomprensibile. Perché si cercano soluzioni poco comunicative?
La musica contemporanea è stata distrutta completamente dalle avanguardie del Novecento. Quindi ora dovremmo parlare di musica nuova. Forse le domande da porci dovrebbero essere altre: “E’ veramente necessario creare un nuovo linguaggio? Si può essere nuovi in maniera diversa? Come scrivere musica profonda?”. Porci queste domande potrebbe dare nuovi approcci alla composizione. La prima condizione è che dobbiamo scrivere buona musica, e per questo è necessario avere tecnica. Dovremmo ricercare la bellezza che con le avanguardie si era persa. Naturalmente è importante tenere conto del gusto del pubblico. Mi è successo di vedere il pubblico in lacrime ascoltando la mia musica; fare il compositore è anche essere regista perché decidi in quali punti suscitare determinati stati d’animo, ma è importante essere sinceri nella scrittura, seguire un’ispirazione autentica. Scrivere una musica dettata dal proprio sentire e da ciò che si vuole comunicare, e non scrivere per compiacere il gusto degli altri.
APERITIVO CON IL COMPOSITORE: RAGNAR BOHLIN
Partiamo dall’inizio. Qual è stato il percorso di studi musicali?
Sono nato ad Uppsala, città a nord di Stoccolma, i miei genitori erano musicisti, entrambi impegnati in attività corali: mio padre era direttore di coro ad Uppsala e mia madre dirigeva un coro di bambini a Lund. A cinque anni ho cominciato a cantare col coro di mia madre che nel tempo è diventato un coro giovanile con cui ho partecipato a vari concorsi; da bambino studiavo pianoforte e violoncello e a 13 anni anche organo. A lungo ho avuto dubbi sul mio futuro: pianista, violoncellista o organista? Poi ho avuto una borsa di studio dal British Council di Londra per seguire le lezioni del famoso insegnante di pianoforte Peter Feuchtwanger. Nello stesso periodo ho fatto l’audizione per la Royal School of London e sono stato ammesso al corso di pianoforte. Proprio in quel momento ho capito che quella non era la mia strada; ho lasciato gli studi di pianoforte e sono tornato a Stoccolma per dedicarmi all’organo. Mi piaceva l’ampio spettro di discipline del corso -organo, teoria musicale, contrappunto, direzione. In quel tempo il direttore di coro del conservatorio era Eric Ericson ed ho cominciato a cantare con lui. Mi piaceva moltissimo far par parte del coro ma non ero intenzionato a fare il direttore, ruolo nel quale non mi sentivo a mio agio. Cominciare a lavorare come organista e direttore in una chiesa mi ha dato lo stimolo per studiare direzione di coro e d’orchestra e da qui è cominciata la mia vita professionale in questo ambito.
Cosa ci può raccontare delle esperienze lavorative in Svezia e in America?
La mia esperienza è cominciata nella Chiesa di Santa Maria Maddalena a Stoccolma, stavo emergendo nel ruolo di direttore e sono arrivate altre collaborazioni: con il Coro della Radio svedese con il quale ho registrato 3 cd, con il Coro da Camera diretta da Eric Ericson, poi sono diventato direttore del Coro Filarmonico di Stoccolma e direttore ospite in varie occasioni. Nel 1997 ho vinto una borsa di studio per studiare autori americani in America. Ho avuto la possibilità di girare, conoscere e collaborare con tante realtà americane: il Coro del Metropolitan di New York, altri cori a Minneapolis, Illinois e poi con i Chanticleer e i San Francisco Symphony Chorus. Dopo questo tour sono tornato in Svezia e per caso dopo 10 anni una corista che si trovava a San Francisco mi ha comunicato che il direttore del Coro sinfonico era andato in pensione. C’erano più di cento direttori che aspiravano a quell’incarico; sono stati selezionati sei finalisti ma nessuno di loro ha superato l’audizione. Ho inviato la mia candidatura e sono stato assunto. Penso che a catturare l’attenzione degli esaminatori siano state le mie esperienze lavorative in Svezia. Ho portato a San Francisco il suono pulito della cultura corale svedese a cappella. Il mio obiettivo era di applicare nel coro sinfonico quella cura dell’intonazione, della microdinamica, del fraseggio, tipica della musica a cappella. I quattordici anni a San Francisco mi hanno permesso di affrontare i capolavori per coro e orchestra e di girare il mondo come direttore ospite.
Com’è la situazione delle associazioni di direttori di coro in Svezia e in America?
Da tanti anni abbiamo l’associazione dei direttori di coro in Svezia ed effettuiamo uno o più incontri l’anno; in America ACDA organizza ogni anno, alternandoli, un convegno internazionale e uno nazionale-regionale e poi c’è un’associazione più piccola, Chorus America, che si incontra annualmente e pone l’attenzione sui cori di professionisti. Penso che l’iniziativa di Andci sia assolutamente vitale. Il rapporto tra direttori è fondamentale; spesso c’è competitività, ma può essere positiva se diventa uno stimolo e dà la motivazione per migliorarsi. La competizione vera deve essere contro i vizi della nostra società; dovremmo essere tutti uniti nel far capire a chi ci governa che l’unica strada da percorrere è quella che valorizza la musica, la coralità, la bellezza.
APERITIVO CON IL COMPOSITORE: VYTAUTAS MIŠKINIS
Com’è stato il suo percorso musicale in Lituania?
Nella mia vita tutto è avvenuto molto naturalmente. Ho avuto molto successo fin da giovane. A 21 anni ero già il secondo direttore di un coro professionale. Ho messo da parte le mie ambizioni come direttore d’orchestra perché mi sono sentito in dovere di continuare a dirigere il coro in cui cantavo da quando avevo 7 anni. A 25 anni ero il più giovane direttore di coro della Scuola statale. Ho fondato il coro di bambini per volontà del Ministro dell’Istruzione ed era il miglior coro di voci bianche dell’epoca. Ero giovane, avevo così tanto successo che ero richiesto in moltissimi festival. In un’occasione ho diretto un coro di 20.000 coristi. Io sono professore a tempo pieno nella mia Accademia musicale, ma non ho avuto un’educazione musicale tradizionale. Ho studiato sempre privatamente e ho ottenuto un permesso speciale per insegnare nelle scuole statali poiché non possedevo il titolo. Lo stesso vale per la composizione: ho imparato a comporre stando a stretto contatto con compositori eccezionali; essendo direttore artistico e amministrativo della scuola di musica non avevo il tempo per frequentare un corso. Ero giovane e coraggioso, forse è stato questo il segreto. Andavo dritto per la mia strada.
Qual era il rapporto tra musica e regime comunista?
All’epoca il governo dava un grande supporto alla musica. Se devo parlare del regime sovietico il giudizio ovviamente è negativo, ma l’educazione musicale era fortemente appoggiata ed incentivata perchè mezzo di educazione politica. C’era molta musica brutta con dei testi pessimi che elogiavano il regime; d’altrocanto però in ogni scuola era obbligatorio avere un coro. Grazie a questo sistema abbiamo mantenuto un livello di canto corale altissimo. Nel 1963 è stato costruito un grandissimo edificio appositamente per il canto corale, e per il festival della canzone corale, che può ospitare 20.000 coristi. All’epoca c’erano moltissimi cori e una grande competitività per partecipare al festival. Io ero un giovane direttore emergente e il governo mi aveva dato il compito importantissimo di selezionare quali cori lituani potessero accedere al festival. Il Partito comunista ha dato un impulso determinante all’attività corale in Lituania e lo stesso è stato per l’Estonia e la Lettonia.
Nei Conservatori italiani molti corsi sono in declino mentre aumentano i corsi di musica pop. Com’è la situazione in Lituania?
In Lituania ci sono molti cori pop; il problema principale è che gli arrangiamenti di brani pop curati dai direttori stessi sono di livello molto scarso, e questo non fa bene alla coralità. Nell’educazione la situazione è profondamente cambiata, il coro a scuola è diventato attività opzionale e gli studenti possono scegliere se partecipare oppure no. Anche l’insegnamento di musica non è obbligatorio.
In Lituania l’associazione nazionale dei direttori di coro esiste da tempo. Come funziona?
Da 23 anni ogni estate raduno tutti i direttori della Lituania e lavoriamo insieme. Quest’anno abbiamo invitato sette docenti e un coreografo per lavorare nello specifico sul movimento del coro. È un unico laboratorio per tutti i direttori e lavoriamo insieme. Durante i festival ognuno sta col proprio coro e non c’è tempo per relazionarsi. È fondamentale per i direttori avere occasioni per creare connessioni, affrontare i problemi e lavorare insieme; ci deve essere collaborazione e non competizione.