Quali sono gli autori di musica corale che ti hanno più profondamente colpito?
Devo il mio amore per la musica corale a due autori che sono stati per me il ponte fra il mondo pianistico e il mondo corale: Liszt e Rachmaninov. Di Liszt ho scoperto, grazie ad un amico di famiglia, Don Luigi Francescotti, che mi avvicinò alla sua musica sacra quando ero un ragazzino, l’oratorio Christus che contiene, a mio avviso, pagine di grande fascino; dello stile del compositore ungherese mi ha colpito molto l’utilizzo della modalità e il recupero delle melodie gregoriane rivisitate in chiave moderna. Negli anni successivi mi sono avvicinato ai Vespri Op. 37 di Rachmaninov e ho amato alla follia l’intensità e la profondità della vocalità russa ortodossa.
Il fascino della modalità mi ha portato invece ad esplorare il mondo della musica antica. Di questo periodo gli autori che mi hanno affascinato maggiormente sono Desprez, Richafort (e il suo meraviglioso Requiem), De Victoria, Byrd e Palestrina.
Gli autori del Novecento e contemporanei che mi hanno colpito profondamente sono molti. Ne cito solo alcuni: Maurice Duruflé, Olivier Messiaen, Frank Martin, Benjamin Britten, Ildebrando Pizzetti, Cyrillus Kreek, Ralph Vaughan Williams, Alfred Schnittke, Einojuhani Rautavaara, Veljo Tormis, Krzysztof Penderecki, Arvo Pärt, Morten Lauridsen, John Rutter, Eric Whitacre, Ola Gjeilo, Kurt Sanders, Randall Stroope, Paul Mealor, Daniel Elder, Ēriks Ešenvalds, Pawel Łukaszewski, Giuseppe Di Bianco, Ivo Antognini, Tadeja Vulc e Andrej Makor.
Secondo te, è possibile scrivere composizioni di alto livello artistico pur se destinate ad una coralità amatoriale o, invece, si rimane sempre al di sotto del livello dei grandi capolavori del passato?
Credo sia possibile scrivere composizioni di alto livello artistico destinate alla coralità amatoriale, anche se ritengo che scrivere un brano semplice, piacevole, non banale ed efficace al tempo stesso sia una delle cose più difficili per un compositore d’oggi: penso che la semplicità sia un punto di arrivo, non di partenza e ritengo che i grandi compositori si riconoscano anche da questo, come accade, per esempio, con il Notre Père di Maurice Duruflé.
Ritieni che le strade della musica d’arte e della musica corale siano destinate a dividersi, a causa dei limiti tecnici e culturali dell’amatore, o che possano ancora camminare vicine?
Non credo che la musica corale sia destinata a dividersi dalla musica d’arte. Certo, molti cori amatoriali non affrontano determinati repertori, tuttavia credo che la compagine corale, sia in Italia che all’estero, sia molto varia e che esistano anche cori amatoriali di altissimo livello guidati da direttori illuminati che riescono ad ottenere risultati davvero sorprendenti. Per evitare che le strade si dividano credo che sia necessaria una maggior collaborazione fra compositori, direttori e cori. Un ostinato individualismo potrebbe portare alla perdita di preziose opportunità di crescita collettiva.
Cosa ti guida nella scrittura? Da cosa parti? Da una frase musicale interiore, dal testo, da un accordo, dalla ricerca di una sinestesia, da un’idea sonora mentale, dalla suggestione di un ascolto…?
Il punto di partenza è per me la scelta del testo. Quando riesco a trovarvi qualcosa che mi colpisce, che mi emoziona profondamente e che mi suggerisce delle immagini o delle idee sonore inizio il lavoro di progettazione della composizione. Parto in genere dalla struttura formale del brano per poi entrare nel dettaglio; molto spesso anche la forma mi è suggerita dal testo.
Cerco di sviluppare idee melodiche riconoscibili che talvolta diventano strutture portanti per l’intera composizione. Mi piace anche creare momenti colorati con cambi armonici particolari e contrasti dinamici.
La composizione per me coincide spesso con la necessità di meditare e di alimentare una ricerca interiore.
Preferisci usare la tonalità, la modalità, la tonalità allargata, formule da campi armonici difettivi o altro? E, se possibile, perché?
Ho scritto brani in stili diversi ma un elemento al quale raramente rinuncio è la modalità. Quello per la modalità è un fascino che è nato nella mia adolescenza attraverso l’ascolto e l’analisi degli autori antichi. L’armonia modale in particolare mi emoziona, mi tocca nel profondo e trovo sia particolarmente indicata per trasmettere il carattere del testo, non solo nella musica sacra.
Negli ultimi lavori ho sperimentato un po’ di più utilizzando modi diversi da quelli ecclesiastici, in particolare la scala ottotonica ed altri modi a trasposizione limitata di Messiaen.
Il mio stile è in continua evoluzione avendo iniziato da poco il mio percorso.
Secondo te, che spazi esistono e che tecniche sono utilizzabili per rinnovare la scrittura corale in Italia oggi? Trovi che scrivere soprattutto per amatori limiti in qualche modo le possibilità di novità? Esistono spazi di novità nella scrittura corale, oggi, dopo tanti secoli di coralità? Quali, per esempio?
Non è facile trovare tecniche nuove dopo secoli di innovazioni ed intensa ricerca e sostengo che inseguire la novità fine a sé stessa non giovi necessariamente alla scrittura corale. Negli ultimi lavori cerco di sperimentare utilizzando qualche effetto, l’aggiunta di parti recitate o sussurrate da affiancare al canto, piccoli passaggi in canto armonico e parti aleatorie, elementi coreografici ecc. Certo non si può dire che questi espedienti siano delle novità ma nella musica corale, forse maggiormente legata alla tradizione rispetto alla musica strumentale, possono contribuire a creare varietà e maggior coinvolgimento sia per l’ascoltatore che per l’esecutore.
Quello che ritengo fondamentale e che, a mio avviso, non va mai dimenticato è che la musica, in particolare quella vocale che è legata ad un testo, deve comunicare, emozionare, coinvolgere e far riflettere. Chi canta dice sempre qualcosa e molto spesso qualcosa di importante che vale la pena ascoltare e comprendere. Se la ricerca della novità a tutti i costi sopprime questi elementi credo che il compositore abbia in parte fallito la sua missione. Aggiungo un’altra cosa che forse potrà sembrare banale: viviamo in un mondo complesso, non privo di conflitti, drammi e dolore. Credo che abbiamo tutti bisogno di “Bellezza”, nel senso più alto del termine, anche se in forme artistiche e stili diversi. Abbiamo bisogno di una musica che ci elevi e che ci renda persone migliori.
Che strade potresti indicare ai cori italiani per migliorare la loro capacità di esprimere valori artistici, non solo tecnici, e per andare incontro a formule di comunicazione nuove, non già stratificate?
Credo che molti cori italiani stiano già facendo molto di positivo anche nel campo dell’innovazione e della ricerca di formule nuove di comunicazione.
Un consiglio che mi sentirei di dare ai cori italiani, in particolare quelli amatoriali, è quello di aprirsi un po’ di più e di dare un’occhiata a quello che fanno i cori di altri paesi, europei e non. Fuori si possono trovare spunti molto interessanti sia artistici che tecnici e comunicativi; non mi riferisco solo ai repertori, ma anche e soprattutto al tipo di vocalità utilizzata, alla bellezza del suono o alla precisione di esecuzione.
Nella mia regione trovo nei cori amatoriali, in particolare in quelli popolari, la tendenza a chiudersi e portare avanti sempre gli stessi repertori.
Quello che invece manca davvero molto nel nostro paese è una valida educazione musicale di base. Ciò preclude spesso ai bambini la possibilità di fare buona musica (amatoriale e non) in età giovanile ed adulta.
Lavoro in una scuola musicale e più gli anni passano più noto che i ragazzi faticano a far emergere la loro sensibilità musicale e l’istinto naturale del canto; questo perché nelle famiglie non si gioca più con la musica, si ascolta poco (e male) e soprattutto non si canta più.
Il rischio dei cori amatoriali, e non solo, è quello di ritrovarsi fra qualche anno senza nuove leve e di avviarsi inesorabilmente verso la fine dell’attività musicale ed educativa. Per questo ritengo fondamentale il lavoro di tutte le associazioni corali, anche le più piccole, che contribuiscono ad alimentare nei ragazzi quella sensibilità musicale che ormai non è più coltivata nella scuola primaria.
Indicherei quindi di lavorare innanzi tutto in questa direzione, condizione necessaria per migliorare poi la capacità di esprimere valori artistici, tecnici e comunicativi.
Cosa miglioreresti, invece, nei cori italiani da un punto di vista tecnico (ovviamente in riferimento a quelli che hai ascoltato)?
Come già accennato nella risposta precedente, penso che ad alcuni cori italiani che ho avuto modo di ascoltare manchi qualcosa a livello tecnico-vocale rispetto ad esempio ai cori inglesi, del nord o dell’est Europa. Mi riferisco in particolare al timbro, all’apertura e alla morbidezza del suono, alla precisione di intonazione. Sto pensando soprattutto ai cori amatoriali, ma non vorrei generalizzare; per fortuna ci sono molte splendide eccezioni anche in Italia!
Quali autori ed opere sceglieresti per avviare un coro di medio livello tecnico verso la musica d’oggi?
Premetto che non sono un direttore di coro e che quindi ho poca esperienza in tal senso; con un coro misto, partirei forse da autori del Novecento che hanno dato un contributo all’evoluzione del linguaggio. Penso al già citato Notre Père di Duruflé, oppure al O sacrum convivium di Massiaen che presenta innovazioni ritmiche oltre che armoniche. Ci sono autori come Whitacre e Gjeilo che offrono brani dolci ed intensi eseguibili anche da cori amatoriali e in genere molto apprezzati dai coristi. Pensando invece ad un brano semplice ma con un linguaggio leggermente più moderno si potrebbe proporre Solfeggio di Arvo Pärt. Non vanno inoltre trascurati, a mio avviso, i molti autori contemporanei italiani che ho avuto modo di incontrare e conoscere in questi ultimi anni e che scrivono musica di altissimo livello.
Come giudichi l’influenza della musica pop all’interno della musica corale? La ritieni assimilabile? Ti ci ispiri? In definitiva, cosa ne pensi?
Credo sia normale e fisiologico che altri generi musicali influenzino la musica corale d’oggi; nei primi del Novecento la musica colta è stata contaminata dal jazz ed è comprensibile che oggi succeda lo stesso con il pop, il rock, il rap ecc. La musica pop non è fra le mie fonti di ispirazione principali anzi, raramente la ascolto; ritengo tuttavia che in alcuni casi una contaminazione potrebbe aiutare i giovani ad accostarsi al mondo della coralità. Conosco molti arrangiamenti di musica leggera pensati per i cori di voci bianche e giovanili e devo dire che, quando scritti bene, sono molto efficaci e piacevoli. Anch’io ho composto un piccolo canone in stile pop per coro giovanile amatoriale e uno dei miei lavori premiati di recente, Invitation to Love, scritto per i King’s Singers, risente in parte dell’influenza della popular music.
Nonostante ciò il mio modo di scrivere si orienta quasi sempre verso strade diverse che prediligo di gran lunga perché mi danno maggiori possibilità creative e mi trasmettono emozioni più forti e profonde; ad ogni modo mi piace pensare che il mondo della composizione corale, come quello della musica per il cinema, sia ancora un campo aperto, versatile e libero da preclusioni stilistiche.
Cosa ti attrae profondamente nella scrittura corale, rispetto ad altri strumenti? Quali sono le possibilità del coro che ti ispirano?
In primis il confrontarsi con testi di varia natura: testi poetici, letterari, sacri, popolari, fiabe, racconti filastrocche ecc. Ogni testo dà al compositore un’emozione diversa ed offre la possibilità di riflettere sul mondo che ci circonda. Non posso inoltre trascurare la stretta relazione fra scrittura corale e meditazione spirituale; nessuna compagine strumentale può sostituire l’intimità e la profondità della voce umana quando si tratta di tematiche sacre.
Infine, come John Rutter spiega nella sua meravigliosa intervista The importance of choir, la musica corale ha una funzione sociale importantissima: fa incontrare le persone, crea delle comunità che attraverso il loro canto condividono qualcosa di estremamente intimo e profondo e rendono migliore l’umanità.
Cosa ti piace di più in un coro che ascolti? Cosa apprezzi in particolare?
Apprezzo in particolare la qualità del suono, morbido e rotondo, ma anche la limpidezza, la precisione, l’intonazione, l’espressività, l’attenzione al fraseggio, la comprensibilità del testo; ho inoltre un debole per la timbrica scura delle voci maschili, tipica della vocalità russa. Per questi motivi ascolto spesso cori dell’est ma anche del nord Europa che sono famosi per la limpidezza del suono. Mi piacciono infine i cori che eseguono repertori originali, che cercano la novità e che recuperano autori dimenticati o “oscurati” da altri di maggior fama.
Ci sono formazioni corali che ti ispirano più di altre? (es. voci pari, infantili, coro a 6 o 8 voci, cori giovanili, etc.)
La formazione ideale è per me il coro misto poiché il più completo e il più vario timbricamente. Amo il coro ad otto voci perché può dar vita a soluzioni armoniche ricche, vibranti e colorate.
Apprezzo molto anche il coro maschile perché, come descritto poc’anzi, mi piacciono molto le voci gravi e gli effetti armonici che esse possono creare.
Ogni formazione corale ha il suo fascino ma trovo che il coro misto sia insuperabile poiché racchiude in se tutte le possibilità delle singole formazioni.
Come pensi che si potrebbe implementare una maggiore collaborazione tra compositori ed associazioni corali?
Negli ultimi anni ho assistito al fiorire di iniziative volte al far emergere i nuovi compositori. I molti concorsi indetti dalle associazioni corali sono, a mio avviso, uno strumento valido e utile; tuttavia la collaborazione che nasce in queste occasioni non è sempre portata avanti nel tempo e spesso si conclude con la premiazione. Sarebbe proficuo dare la possibilità, almeno ai vincitori, di colloquiare con i membri della giuria per poter lavorare sui punti deboli delle composizioni presentate; inoltre sarebbe bello che i concorsi creassero delle relazioni durature fra compositori e realtà corali.
Anche ricevere delle commissioni è importantissimo, a mio parere, e può dar vita collaborazioni più interattive, con scambi di idee fra direttore e compositore e la possibilità di rivedere il brano dopo averlo provato con il coro, ricevendo importanti consigli dai direttori che, meglio di chiunque altro, conoscono le caratteristiche vocali e tecniche del proprio coro.