Quando il M° Enrico Miaroma, responsabile della sezione Voci Bianche e Giovanili di questa rivista, mi ha proposto di scrivere per questa rubrica subito mi è venuta in mente un’ idea a cui penso spesso (lo so che è utopistico ma la cosa mi piace troppo): “Ogni Classe è un Coro!” Cioè…ogni classe potrebbe diventare un Coro. Ci sono gli allievi, le aule come sala prove e tanti Maestri di Coro appassionati della loro materia che potrebbero entrare nelle scuole e…e invece niente o quasi niente.
Ci sono scuole in cui non si canta, non si suona e non si fa neanche storia della musica, vedi le scuole superiori, a meno che non si parli nello specifico del Liceo Musicale, destinato a pochi o del Liceo delle Scienze Umane dove la musica diventa opzionale nel triennio. Eppure sono così tanti i benefici del cantare in un Coro che ogni volta mi dico: “Che spreco di possibilità per arricchire i ragazzi, i bambini o i più piccoli”. Non parlo di organizzare un Coro occasionale, per esempio per il Natale o per altri eventi dove magari tutta la scuola, si riunisce per intonare qualche brano; mi riferisco a un insegnamento della disciplina corale in modo strutturato e per tutte le classi. La voce è il primo strumento che tutti abbiamo a disposizione e imparare a usarla in modo corretto, nella respirazione ed emissione, non mi sembra cosa da poco. Ognuno può partecipare al momento corale in quanto non sono necessari dei pre-requisiti richiesti ad esempio per studiare uno strumento.
E quante possibilità di imparare offre questa disciplina, i Direttori di Coro, lo sanno bene: leggere la musica, conoscere generi, stili ed epoche musicali diverse tra loro con conseguenti ricadute e collegamenti con altre discipline. La musica si è intrecciata con la letteratura, la pittura, il teatro, la storia, la filosofia. Ad esempio, come si può trattare esaurientemente il movimento romantico senza considerare la musica che ne è stata il motore ideale e sentimentale? Come si può parlare di Nietzsche senza conoscere Wagner? E come contestualizzare un dipinto del Settecento veneziano o un poema del Metastasio senza riferimenti al melodramma barocco? E poi, ma non come ultima considerazione, cantare in coro ci fa provare emozioni; collaborare insieme per un risultato finale uguale per tutti ha un valore educativo ad ampio raggio e contribuisce alla formazione della persona nella sua interezza. Cantare in coro è socializzare, stare insieme, e anche “alleggerirsi” da momenti poco sereni che bambini e adolescenti possono vivere; si facilitano legami e rapporti con i compagni di classe, è un’occasione, quest’ultima che non tutte le discipline favoriscono. Anche a noi maestri di coro fa bene stare con i bambini e i ragazzi e insegnare a loro ci ripaga umanamente e non solo musicalmente.
Nella scuola dove insegno il coro ha spesso giocato un ruolo fondamentale nel far rimanere gli allievi nella scuola di musica anche dopo l’aver smesso di suonare lo strumento che studiavano da anni. La passione del “cantare insieme” , che in certi casi è nata dalla scuola materna, li ha fatti continuare a far musica come coristi.
Conduco spesso progetti di Coro nella scuola dell’obbligo, anche annuali, quindi ho la possibilità di svolgere interventi piuttosto corposi all’interno delle classi. Catturare l’attenzione degli allievi è il mio primo obiettivo e creare in loro la curiosità verso il Coro è il passo successivo. Attraverso i giochi vocali sperimentano e scoprono la propria voce e un po’ alla volta imparano a modularla con più precisione. Vengono proposti e memorizzati brani semplici e con un’estensione vocale adatta anche attraverso l’uso di partiture e di movimenti – gesti-suono e non-suono e propedeutici anche all’uso di piccoli strumenti ritmico-melodici – che accompagnano la musica e a volte la descrivono. Non mancano poi i termini musicali di base tipici del linguaggio della musica. Altre attività, soprattutto sotto forma di gioco, riguardano la percezione. L’educazione all’ascolto, questa sì è una abilità utile per tutte le materie!
Leonardo Si! Beethoven No! Questo il titolo di un evento multimediale svoltosi a Trento qualche anno fa, pensato e organizzato da Francesco Pisanu, eclettico musicista trentino, che proponeva alle istituzioni scolastiche del territorio di prendere in seria considerazione l’idea di far entrare la musica nelle scuole superiori. Lo spettacolo che comprendeva un quartetto d’archi, un gruppo jazz, una vocalist, un quintetto vocale e il coro di voci bianche, da me diretto, i 2 personaggi, Leonardo Da Vinci e Ludvig Van Beethoven, si chiedevano del perché dell’esclusione di uno dei due dal nostro sistema scolastico. La storia dell’arte si, la storia della musica no!
Purtroppo l’esclusione della musica ha radici lontane, infatti era il 24 aprile 1865 quando Francesco De Sanctis, che fu ministro nel 1861, consigliò al suo successore, Giuseppe Natoli, di non dare importanza a materie superflue, come la musica… Attualmente solo la scuola secondaria di primo grado ha il previlegio di avere all’interno del curriculo scolastico ben 2 ore di musica alla settimana, nella scuola primaria non è prevista la figura del maestro di musica ma è prevista la musica come materia, intrecciata con la lingua straniera, almeno in trentino, mentre nella scuola dell’infanzia la musica è lasciata alla buona volontà delle maestre.
Ma quanto sarebbe importante, avere sin dalla prima infanzia, un approccio alla musica ben strutturato e proposto con competenza. E si che il nostro paese è considerato il paese del ”bel canto”; è dal XVI secolo che i musicisti italiani vanno a suonare e a insegnare musica oltre i confini nazionali inoltre il nostro paese ha dato i natali a grandissimi musicisti. Le parole che riguardano la musica in molte lingue del mondo sono in italiano; alcune indicano gli strumenti musicali come il violoncello e il pianoforte, altre indicano generi di musica o di canto come aria, fantasia, capriccio, fuga, altre indicano i tempi musicali come adagio, allegro, presto. Sono italiane le parole che indicano i tipi di voci nella loro estensione: soprano, mezzosoprano, contralto, tenore, baritono e basso e per finire Guido d’Arezzo nel 1000, dall’Inno di San Giovanni, ha estrapolato la nostra scala musicale.
Che cosa succede negli altri paesi europei o extraeuropei riguardo alla musica nella scuola? Da quello che sento e leggo pare che siano messi meglio di noi. E per finire una domanda: “C’è un motivo perché Ogni Classe non dovrebbe diventare un Coro?”