Quali sono le competenze che deve avere un buon Direttore?
Intenzionalmente non ho voluto specificare di coro: si tratti di dirigere un gruppo vocale amatoriale, la banda del paese o un’orchestra sinfonica professionale, la tipologia di competenze che deve acquisire un Direttore è sostanzialmente la stessa.
La preparazione artistica costituirà solide fondamenta da cui partire, una condizione necessaria ma non più sufficiente per poter assumere il ruolo di leader di un gruppo. Essere un buon musicista, sia dal punto di vista tecnico-teorico che da quello dello sviluppo di una sensibilità adeguata ad affrontare la complessa arte dell’interpretazione, può renderci adatti ad affrontare il palco da soli con il nostro strumento ma, quando lo strumento che suoniamo è ‘formato da persone’, tutto cambia. Il bello della nostra professione è proprio il fatto di non essere soli sul palco nel momento della creazione dell’esperienza musicale, ma avere il grande privilegio di poter vivere quel momento condividendolo con altri colleghi. Tutto questo però ha un prezzo: dobbiamo saperci relazionare in modo efficace con l’altro, non ponendoci su un piano superiore (anche se fisicamente dovessimo essere su un podio) ma piuttosto vedendo nell’altro un collaboratore, un complice. Il Direttore è un coach che, attraverso un processo creativo, stimola la riflessione, ispirando ciascun cantore e strumentista a massimizzare il proprio potenziale personale e artistico/professionale per metterlo a disposizione del gruppo in favore poi del raggiungimento di un’idea musicale condivisa che verrà comunicata al pubblico.
Prima di addentrarsi nello studio della psicologia dei gruppi, della gestione dei conflitti, di tecniche avanzate di negoziazione (sperando di non doversene mai servire), il buon Direttore dovrà affrontare prima di tutto le sue paure e debolezze (perché, cit. noi non lavoriamo con il favore delle tenebre). Non saranno rari i casi in cui il nostro ego ci sarà d’ostacolo nelle relazioni (soprattutto se saremo dotati di una bacchetta e avremo appena finito di leggere per la terza volta consecutiva la saga completa di Harry Potter…). Dovremo essere in grado di tenere separata la nostra vita privata da quella professionale perché l’impegno del gruppo deve essere ricambiato dalla nostra concentrazione e, soprattutto, dovremo essere in grado di trovare il giusto equilibrio nella relazione con i nostri coristi/strumentisti, cercando di definire una chiara separazione tra ciò che avviene durante la prova e ciò che si fa dopo, affinché nulla di ciò che avviene in prova diventi una questione personale. Senza ombra di dubbio questo è più difficile nelle formazioni amatoriali piuttosto che in quelle professionali.
Nell’epoca che stiamo vivendo, però, competenza artistica e capacità di leadership non sono più sufficienti.
Viviamo in un momento storico in cui la musica è un prodotto commerciale, se non addirittura un sottofondo strumentalizzato alla vendita; la scuola non insegna più “ad ascoltare”, il numero di musicisti diplomati è di gran lunga superiore a quello dei musicisti effettivamente impiegati e le orchestre e i teatri chiudono (anche prima dell’emergenza Covid). Eppure, il bisogno di musica rimane elevato.
Come si deve porre un Direttore in questa situazione?
Diventa ora più che mai fondamentale concentrarsi sullo sviluppo del pubblico (audience development). Questo significa ad esempio creare eventi attrattivi e attivare campagne di sensibilizzazione sull’importanza che può rivestire la musica sul nostro benessere fisico ed emotivo, sulla nostra percezione del mondo e sul modo in cui viviamo in società.
Il Direttore ha la responsabilità di definire un progetto formativo per il suo gruppo: un programma con obiettivi a breve, medio e lungo termine che prevedano una progressiva crescita artistica dell’ensemble, ma oserei dire anche del Direttore. Al contempo si rende sempre più necessario definire anche un percorso di formazione del proprio pubblico, con eventi mirati (ad esempio lezioni concerto) e programmi musicali ragionati. Basta con i concerti saggio o programmi arlecchino! È responsabilità anche del Direttore fare in modo che il concerto non sia solo un momento di intrattenimento ma possa diventare una vera e propria esperienza musicale coinvolgente. Un suggerimento? Giochiamo con lo spazio, con la multimedialità, con la teatralità, con progetti e programmi via via più sperimentali ma non troppo distanti dall’orecchio del pubblico, così che la formazione di questo avvenga in modo progressivo e accompagnato.
Un Direttore con formazione ed esperienze diversificate (dalla direzione del canto gregoriano a quella del musical passando per ensemble vocali e strumentali) avrà sicuramente più facilità nel concepire programmi accattivanti, sia per i cantori/strumentisti che per il pubblico: curiosità e continua voglia di mettersi in gioco possono fare la differenza.
Al giorno d’oggi diventa poi sempre più importante creare e maturare relazioni ed esperienze internazionali: sono occasioni motivanti e di grande crescita sia per il gruppo che per il Direttore; grazie alle nuove tecnologie si può partire da poco (un incontro su Skype/Zoom con un compositore oltralpe o un virtual choir internazionale) per passare poi a scambi, tournée e partecipazioni a concorsi. L’importante è partire: le distanze si stanno sempre più accorciando per cui non abbiamo più scuse.
Riassumendo: al Direttore viene richiesto di essere un eccelso musicista, un leader, un efficace comunicatore, un coach, uno psicologo, un risolutore di conflitti, un regista e/o coreografo e, in mancanza di un direttivo preparato, aggiungerei anche un event planner, un esperto di marketing e comunicazione digitale, un conoscitore della legislazione dello spettacolo e della normativa fiscale. Insomma, una vita in formazione continua. E qui nasce una domanda: dove formarsi? Dove reperire e come discernere le informazioni? L’accesso alla conoscenza è diventato sempre più diretto, a portata di mano, ma al contempo questa semplificazione ha anche incrementato la difficoltà di individuare materiale di valore.
I Conservatori il più delle volte preparano il musicista, ma non il professionista che, lasciate le accoglienti mura del Conservatorio, si troverà ad affrontare uno spietato mondo del lavoro (un mondo che, oltretutto, non riconosce quella del “musicista” come una professione).
Per questo è importante non muoversi da soli ma fare rete tra Direttori, sia a livello nazionale (così come sta facendo l’ANDCI) che a livello internazionale, lavorando in modo etico e virtuoso.
Questa rivista può diventare un mezzo prezioso per condividere la conoscenza di ciascuno di noi, uno spunto per conoscere gli interessi e gli ambiti di studio di ogni socio membro che potrà poi eventualmente essere sviluppato nelle assemblee nazionali in presenza.
La rubrica miscellanea ha, per sua natura, il compito di affrontare differenti tematiche. Ci sarà modo di approfondire gli argomenti accennati in questo articolo, ma tratterremo anche di musica e relazioni umane, progetti sociali e interculturali, musica e parola, identità del cantore, consigli di letture e ascolti e molto altro ancora.
Dalla condivisione delle esperienze di ciascuno di noi possono nascere collaborazioni, ispirazioni per nuovi progetti, confronti e dibattiti, curiosità di approfondire settori inesplorati… tutte ottime opportunità di crescita personale e, di riflesso, dei gruppi che dirigiamo.