Giampiero Castagna
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Intervista a Giampiero Castagna Dal Jazz Fusion alle Polifonie Corali del Miserere…

Maestro Giampiero Castagna, cominciamo dall’inizio. Quando si è avvicinato alla musica?

Io vivo nel Canavese, in una zona di provincia fra Torino e Ivrea, fino a qualche anno (decennio) fa culturalmente poco stimolante. Ho iniziato ad amare la musica da bambino, cantando e suonando nella chiesa del paese, ma i miei impegni musicali “seri” sono cominciati verso la fine del Liceo, quando, frequentando una scuola privata per studiare il pianoforte, ho affrontato privatamente i primi esami di conservatorio fino al raggiungimento del diploma di Musica corale e direzione di coro, ottenuto a Torino nel 1985. Contemporaneamente ai miei primi studi avevo intrapreso la carriera di insegnante nella scuola secondaria di primo grado, poiché subito dopo il Liceo mi si era presentata l’opportunità di una supplenza (da allora ho continuato per 43 anni scolastici). Sempre negli stessi anni suonavo il piano e le tastiere in un gruppo di jazz fusion e dirigevo una Big Band.

Quando ha cominciato ad interessarsi alla composizione?

Con i miei primi veri studi musicali ho iniziato ad amare l’armonia e il contrappunto, ho scoperto la musica antica e la bellezza delle composizioni vocali, pur non considerandole ancora un obiettivo da perseguire. Dopo il primo diploma sono entrato al Conservatorio di Torino per seguire come allievo interno i corsi medio e superiore di Composizione nella classe del Maestro Gilberto Bosco, che mi ha stimolato nella produzione di partiture più moderne con una particolare attenzione al contrappunto e ai dettagli della scrittura musicale. In quel periodo scrissi prevalentemente musica strumentale.

Quali sono stati i primi successi come compositore?

Il primo successo importante fu il premio Bucchi, nel 1989, con un brano per voce ed ensemble strumentale. Successivamente ottenni anche alcuni altri riconoscimenti con composizioni per piccole formazioni da camera, ma il premio più prestigioso lo conquistai a Vienna, con una composizione per piccola orchestra. Il brano “Nachtmusik” era stato scritto come esercitazione scolastica, ma, avendo le giuste caratteristiche, il Maestro mi suggerì di inviarlo al concorso “Mozart 1991”, organizzato per il bicentenario della morte del compositore: venne premiato ed eseguito nella stagione del Musikverein proprio in quell’anno.

Una soddisfazione immensa ascoltare la propria composizione nel tempio della musica! Com’è proseguita l’attività di compositore?

Gli anni successivi rappresentano un lungo periodo di stasi a livello compositivo, perché non scrissi più musica strumentale come avevo fatto nel momento degli studi, forse anche per una certa difficoltà e riluttanza ad esprimermi in un linguaggio che non mi soddisfaceva pienamente.

La sua carriera come direttore di coro?

Nel 2000 mi è stato proposto di dirigere un coro maschile con repertorio alpino/popolare: ho accettato e questo è stato un momento di svolta, perché ho iniziato a dedicarmi maggiormente alla musica corale, a cui mi ero riavvicinato già negli ultimi anni, scrivendo qualche elaborazione, di cui alcune avevano ottenuto dei premi (in Spagna, in Valle d’Aosta, in Trentino). Per molto tempo in realtà ho scritto pochissimo, realizzando essenzialmente composizioni o elaborazioni corali per il mio coro o per qualche formazione diretta da amici.

In quegli anni ho dedicato davvero poco tempo alla composizione e un po’ me ne dispiace, ma ero molto impegnato con la famiglia e il lavoro a scuola, in cui sono stato coinvolto anche in ruoli di responsabilità e collaborazione nell’organizzazione, incarichi che hanno occupato gran parte delle mie giornate. 

Quando ha ripreso a comporre?

Ho intensificato la mia produzione con l’avvento della pandemia, non tanto perché vivendo tante ore costretti a casa abbia trovato l’occasione per scrivere di più, ma perché fui stimolato da un paio di successi ottenuti inviando brani a concorsi che avevo individuato casualmente sul web, e questo mi dava una conferma del fatto che forse, arrivato ad una certa fase della mia vita, sarebbe stato più gratificante cercare di mettere a frutto i miei impulsi creativi e provare ad entrare e a conoscere meglio un ambiente (quello della coralità più importante) che avevo frequentato poco, limitandomi ad una vita musicale un po’ provinciale…

I concorsi hanno avuto un ruolo determinante nell’indirizzare il suo lavoro…

I concorsi di composizione hanno rappresentato e continuano a rappresentare un mezzo efficace per indirizzare la mia creatività in modo produttivo, con l’obiettivo di ottenere nuove opportunità di esecuzione dei miei brani da parte di formazioni prestigiose e, in alcuni casi, ricevere anche un riconoscimento economico per il mio lavoro.

Parliamo del Miserere per coro misto a 8 voci, vincitore del II premio al 50° Concorso Internazionale di Composizione “Guido d’Arezzo”

Il testo del brano è tratto dalla prima parte del Salmo 50 Miserere mei Deus (Pietà di me, o Dio), che complessivamente è molto più esteso di quello utilizzato.

La composizione nacque nell’estate del 2023, appositamente per venire presentata in un contest che richiedesse un brano con una scrittura corale abbastanza complessa, ma eseguibile anche da formazioni amatoriali di buon livello.

Il linguaggio musicale utilizza un’impostazione fra la tonalità e la modalità con la ricerca di armonie ricche di dissonanze sospese.

Può illustrare le caratteristiche principali del brano?

L’incipit della composizione è un gioco musicale di note che entrano in successione e si sovrappongono creando lievi dissonanze in un’atmosfera mesta e un poco afflitta, ed era nato astrattamente, senza essere collegato ad un testo, prima di iniziare a lavorare sul brano.

Partitura del brano Miserer, vincitore del 2° Premio al 50° Concorso Internazionale di Composizione "Guido D'Arezzo"
Partitura del brano Miserere, vincitore del 2° Premio al 50° Concorso Internazionale di Composizione “Guido D’Arezzo”

Quando ho deciso di scrivere il Miserere ho ritenuto che quell’idea musicale, nata un po’ per caso, ben si addicesse all’invocazione iniziale della preghiera, spezzettando il testo in sillabe e distribuendolo fra le voci in entrate successive; effettivamente mi pare sia diventato uno spunto tematico abbastanza incisivo. La supplica prosegue con un movimento ritmico a poco a poco incalzante in cui le voci si inseguono sovrapponendosi con pulsazioni irregolari in crescendo per poi acquietarsi, come un’ondata emotiva, sempre sulle parole “Miserere mei”.

Conclusa l’esposizione iniziale, inizia una serie di episodi costruiti, come in un antico mottetto, su frasi riproposte dalle varie voci in stile imitativo, episodi separati da cadenze che costantemente racchiudono un senso di sospensione e attesa. Il materiale tematico è ricavato sempre dalla sezione iniziale, in particolare quello dell’episodio Et secundum multitudinem…, nel quale melodicamente risulta molto evidente il richiamo agli intervalli ascendenti dell’incipit del Miserere.

Circa a metà del brano inizia una sezione in cui, sull’implorazione dele iniquitatem meam (cancella il mio peccato), l’attesa e la tensione crescono appoggiandosi su un tappeto armonico con dissonanze più marcate, per arrivare al punto culminante della composizione, a mis. 55, sulla supplica Amplius lava me… (Purificami completamente…), che viene ripresa contrappuntisticamente da tutte le voci, dando luogo ad armonie ricche di suoni, ma finalmente più consonanti.

Questa parte rappresenta il culmine emotivo del lavoro e gradatamente si scarica su una codetta (ab iniquitate mea) che, concludendo compiutamente il significato della supplica, riprende tematicamente l’inizio della sezione e conduce verso la parte terminale.

Partendo su un pedale di sospensione e congiunzione, et a peccato meo munda me (e mondami dal mio peccato) riprende brevemente l’episodio iniziale basato sull’incalzare ritmico delle parti che si rincorrono fino ad arrivare all’invocazione munda me; questa viene ripetuta più volte da alcune voci che fungono da note pedale su cui le altre parti ripropongono il tema dell’incipit della composizione, invertendone la direzione negli intervalli e nelle entrate successive.

A questo punto si concatena la chiusura definitiva, che si realizza con una tripla ripetizione della supplica iniziale (Miserere mei).

Cosa ci racconta dell’esperienza di Arezzo?

L’esperienza che ho vissuto la scorsa estate ad Arezzo è stata molto stimolante sotto tanti aspetti. Se devo essere sincero avevo già provato un’esperienza simile due anni prima, quando un altro mio brano, premiato al Concorso “Canta Petrarca”, era stato inserito fra i brani obbligatori nella categoria “coro femminile”. La composizione era stata eseguita allora da tre cori femminili, fra cui mi piacquero particolarmente le bellissime interpretazioni di Artemusica e delle With Us.

Da quel periodo fino a oggi ho avuto occasioni di incontrare nuove persone, musicisti validi che operano nel campo della musica corale, instaurando con alcuni di loro anche bei rapporti di amicizia. Nel 2024 ad Arezzo, ho avuto l’opportunità di rivederli e condividere momenti piacevoli di convivialità; inoltre, ho conosciuto di persona altri “amici” con i quali fino ad allora avevo interagito solo attraverso i social.

Per quanto riguarda l’esecuzione del Miserere, quest’anno brano d’obbligo nella categoria “coro misto”, ho avuto il privilegio di ascoltare ben sette diverse interpretazioni da parte di cori di altissimo livello tecnico. Alcuni maestri mi avevano contattato già nei mesi precedenti per richiedere chiarimenti o suggerimenti sull’interpretazione della composizione, dimostrando un approccio estremamente professionale alla direzione.

Quale interpretazione è stata più rispondente alle sue intenzioni musicali?

Fra tutte le performance che ho potuto ascoltare, quelle che mi hanno dato maggiore soddisfazione ed emozionato di più sono state le esecuzioni dei cori filippini, I Musicapella e Los Cantantes de Manila, che si sono distinti per un livello tecnico e artistico superiore rispetto agli altri cori misti. L’ascolto delle loro esibizioni mi ha permesso di apprezzare un rispetto straordinariamente accurato di ogni minimo dettaglio scritto in partitura, una precisione tecnica impeccabile e una vocalità di grande raffinatezza.    Inoltre, quest’anno gli unici italiani iscritti al concorso internazionale erano gli amici del Coro La Rupe, che conosco da molto tempo perché hanno sede in Canavese, non lontano da dove abito io. Proprio grazie a questa amicizia il loro maestro mi ha chiesto di scrivere appositamente per questo evento una composizione, così ad Arezzo ho avuto l’opportunità di ascoltare con piacere la loro splendida esecuzione di Surge, propera, amica mea.

Che ruolo ha il testo all’interno delle sue composizioni e come affronta il rapporto tra parola e suono?

Nella composizione della musica corale il rapporto tra musica e testo è fondamentale e costituisce uno degli aspetti più affascinanti e talvolta complessi.

La musica non solo accompagna il testo, ma lo interpreta, amplifica e arricchisce di significati; in alcuni casi può aggiungere sfumature emotive o simboliche che le parole da sole possono sottintendere ma non potrebbero esprimere.

Quando ho la possibilità di scegliere il testo poetico per una composizione, dedico del tempo alla lettura attenta di una selezione di poesie. Mi immergo nel loro linguaggio, nei temi e nelle emozioni che suscitano, valutando anche quale meglio si adatti all’organico per cui sarà scritto il brano. Di solito, questa analisi mi permette di individuare rapidamente il testo più adatto.

Finora ho scritto musica su testi in latino, inglese, francese, spagnolo e ovviamente italiano: nel mio approccio alla composizione la lingua, la tipologia e la struttura del testo influenzano in modo determinante le scelte musicali, in alcuni casi anche per retaggi culturali.

Per i testi in lingua francese, ad esempio, mi viene naturale utilizzare uno stile impressionista o ispirato al linguaggio tipico del periodo a cavallo fra ‘800 e ‘900.

Quando invece mi accingo a mettere in musica un testo italiano di Dante, Petrarca o qualche poeta del Rinascimento, immancabilmente mi ritrovo a concepirne la struttura come quella di un madrigale, trattando le varie voci in un contrappunto abbastanza rigoroso, anche se alla ricerca di sonorità più moderne. Inoltre, cerco sempre di tradurre sensibilmente, all’ascolto, le immagini o le situazioni evocate dalle parole.

Lo stesso posso dire per quanto riguarda la musica sacra: parlando con il Maestro Acciai, che ho incontrato ad Arezzo in quanto presidente della giuria del concorso corale, mi disse che, secondo lui, il Miserere è una composizione molto didascalica, nel senso di esplicativa, descrittiva, in quanto la musica riesce a rendere bene all’ascoltatore il significato del testo. Questa sua considerazione mi ha fatto davvero piacere, perché è stata la testimonianza di aver raggiunto un obiettivo a cui tenevo molto.

Per quanto riguarda la struttura formale di una composizione devo dire che nella maggior parte dei casi essa mi viene suggerita dalla struttura del testo poetico, dalla sua particolare divisione in strofe o dal significato espresso nelle diverse parti da cui è costituita la poesia, significato che determina anche l’impostazione dell’episodio musicale.

Generalmente il testo per me ha un’importanza sostanziale, la costruzione melodica mi viene dettata dal ritmo della frase e dagli accenti delle parole. Di solito le frasi musicali nascono con facilità; successivamente procedo ad un controllo accurato per revisionare il ritmo e gli intervalli melodici, in particolare quando alcune frasi, al riascolto, mi danno l’impressione di ripetitività oppure presentano qualche passaggio che non mi convince.

Con le moderne tecnologie, da questo punto di vista, abbiamo un grande aiuto, perché riusciamo ad avere un ascolto esemplificativo del materiale musicale, anche a velocità reali, in modo immediato; questo ci consente di avere un’impressione generale del nostro lavoro, che difficilmente si potrebbe ricavare solo osservando la partitura o suonandola al pianoforte, specialmente per le composizioni più complesse, con molte voci che intrecciano il loro movimento. Nella mia scrittura corale, infatti, prende sempre sopravvento il contrappunto e anche nei momenti in cui mi sforzo di voler mantenere in omofonia tutte le voci, mi ritrovo quasi involontariamente a pensare il movimento di qualche parte in autonomia rispetto alle altre.

Dove sta andando la composizione corale contemporanea? Quali futuri sviluppi stilistici immagina?

Per me è difficile dire su quale strada si stia incanalando la musica corale di oggi, come tutta la musica più in generale.

Oggi è impossibile creare qualcosa di davvero nuovo: ogni melodia, ogni armonia o ritmo risuonano come un’eco di ciò che è già stato fatto. Forse la vera originalità nasce dalla capacità di rielaborare in modo personale e autentico un insieme di elementi, spesso molto diversi tra loro, che fanno parte del nostro vissuto. È come se prendessimo, inconsciamente, frammenti di tutto ciò che abbiamo ascoltato, amato o persino criticato, e li trasformassimo in qualcosa che porta la nostra impronta.

In questo processo, la novità non risiede tanto nella scoperta di suoni mai uditi, ma nella combinazione originale e personale di materiale che conserviamo come bagaglio della nostra esperienza.

Al giorno d’oggi, la produzione musicale è sempre più orientata verso la ricerca di nuovi percorsi creativi, superando i confini tradizionali di stile e produzione.

Uno dei metodi che ancora può suggerire qualche strada nuova o originale è la contaminazione fra generi anche molto diversi tra loro.

Questa tendenza nasce anche per compensare la mancanza, o il rifiuto, di linee guida chiare e strutturate, come era stato in passato, offrendo invece una varietà di approcci che riflettono le molteplici influenze dell’epoca attuale.

In un mondo in fase di globalizzazione, abbiamo ancora l’opportunità di scoprire elementi musicali di culture lontane, che risultano nuovi e stimolanti per noi. Questi incontri potrebbero offrire l’opportunità di arricchire il nostro bagaglio artistico e di ispirare percorsi creativi originali, aprendoci a nuove prospettive.

Dal Jazz Fusion alle Polifonie Corali del Miserere…

About Post Author

Stefania Cruciani

Pianista formatasi presso il Conservatorio “F. Morlacchi” di Perugia, si diploma nel 2000 sotto la guida del m° F. Fabiani. Specializzata in prassi esecutiva su strumenti originali, nel 2004 consegue la laurea di I livello in Fortepiano con il m° Claudio Veneri e frequenta i Corsi di Perfezionamento di Fortepiano e Pianoforte Storico tenuti da Bart Van Oort e Malcolm Bilson in Italia e in Belgio. Nel 2008 consegue la laurea specialistica in Discipline Musicali, indirizzo Pianoforte Cameristico, presso l’ Istituto Superiore di Studi Musicali “G. Briccialdi” di Terni con il m° A. Pepicelli. Nel 2009 ottiene la laurea di II livello in Didattica della Musica. Parallelamente agli studi pianistici segue corsi di canto con S. Sannipoli, musica vocale e direzione di coro con P.P. Scattolin, A. Cicconofri, L. Ciuffa. Vanta una lunga esperienza nell'ambito corale e, in particolare come componente dell’ ensemble vocale femminile Kamenes inCanto, diretto da Gabriella Rossi e specializzato in musica contemporanea, ottiene importanti riconoscimenti in prestigiosi concorsi (I premio al concorso “Guido d’Arezzo” nel 2000 nella categoria coro a voci pari; I premio al Concorso internazionale di Pienza nel 2009). Come cantante svolge attività concertistica dedicandosi principalmente al repertorio rinascimentale con il liutista Luca D'Amore e i gambisti Fabrizio Lepri e Teresa Peruzzi. Dal 2021 è conduttrice del programma “Lezioni di musica” su radiomozartitalia.com E’ docente di Musica e Pianoforte presso la Scuola Secondaria di I grado “Gentile da Foligno”.
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