Esperienze di un (giovane) compositore premiato Navigare nell’universo dei concorsi di composizione: benefici e sfide
Traduzione a cura di Claudio Ferrara
Navigare nell’universo dei concorsi di composizione: benefici e sfide
Sono passati quattro anni dalla mia prima partecipazione a un concorso di composizione con uno dei miei primi brani per coro, un O Magnum Mysterium. Anche se non ho vinto alcun premio, l’esperienza è stata arricchente, permettendomi di completare un pezzo e incoraggiandomi a perseverare. Da allora ho partecipato a diversi altri concorsi con risultati vari, e desidero condividere qui alcuni insegnamenti che ne ho tratto.
Scrivere su commissione o per un concorso sono due approcci piuttosto diversi. La prima implica di solito un dialogo costruttivo con gli
interpreti e i committenti, ad esempio riguardo al tema, al testo o al livello di difficoltà richiesto. Possono essere apportate modifiche in corso d’opera, e l’esecuzione pubblica dell’opera, così come una remunerazione economica, sono generalmente garantite. Scrivere per una competizione è invece un processo più autonomo. Si compone in definitiva più per una giuria che per un insieme specifico: bisogna anticipare le aspettative dei giudici e rispettare scrupolosamente il regolamento, che non può essere discusso, cercando comunque di innovare per distinguersi dagli altri candidati. Una volta inviata la composizione, non è possibile apportare modifiche, e la sua esecuzione non è garantita. Perché allora partecipare a concorsi anziché concentrarsi sulle commissioni?
A mio avviso, una delle principali ragioni è il contesto offerto da questi concorsi, con vincoli — per esempio riguardo al tema, alla durata, al testo o all’organico — e scadenze precise. Per un giovane compositore che non ha ancora ricevuto commissioni, questa pratica mi ha spinto a portare a termine dei brani e a crearne di nuovi, ampliando così il mio catalogo. Candidarsi a un concorso può quindi essere una fonte di motivazione, soprattutto quando la propria carriera è ancora in fase di consolidamento o si sta attraversando un periodo creativo poco prolifico. Anche se in tali momento alcuni compositori preferiscono scrivere per se stessi, queste esigenze rappresentano anche un’opportunità per affinare il proprio linguaggio musicale, poiché possono stimolare idee inaspettate e spingere ad affrontare temi o estetiche meno esplorati. Si può citare, ad esempio, il concorso organizzato da FestyVocal, che invita a scrivere su temi originali e per un’acustica singolare (13 secondi di riverbero).
I concorsi offrono anche la possibilità di esporre il proprio lavoro a una giuria, spesso composta da personalità riconosciute nel mondo corale, e di ottenere eventualmente un riscontro sul proprio lavoro. Essere finalista può così rafforzare la fiducia nel proprio modo di comporre. Tuttavia, è essenziale tenere a mente che i risultati sono inevitabilmente soggettivi, influenzati dalla qualità delle altre opere ricevute e dalle preferenze della giuria: così, una composizione tecnicamente raffinata e ispirata può essere scartata a favore di un pezzo che risponde maggiormente alle loro aspettative.
Ovviamente, essere vincitore di un concorso permette anche di ottenere una remunerazione economica e spesso anche una registrazione o pubblicazione, ma penso che il vero valore risieda nella visibilità che possono offrire (che rimane comunque spesso limitata e variabile a seconda della reputazione della competizione): può fungere da biglietto da visita e rappresentare un primo passo verso future commissioni o progetti.
Nonostante tutto, bisogna riconoscere che le possibilità di vincere un premio rimangono basse. Partecipare può quindi anche essere un modo per imparare ad accettare il rifiuto e comprendere che la propria musica non potrà piacere a tutti. Detto ciò, è cruciale non considerare una composizione scartata come priva di valore! Ha il merito di esistere e potrà arricchire un portfolio per una candidatura a un bando, essere proposta a un altro concorso, o presentata a complessi che potrebbero volerla eseguire. Analizzarla a posteriori in modo critico può permettere di identificare aspetti da migliorare. Perseverare resta essenziale, perché è componendo che si affina il proprio linguaggio e si arriva, credo, a trovare la propria voce.
Vorrei concludere questo discorso affrontando alcuni punti più controversi. Prima di tutto, è un peccato che sempre più concorsi richiedano delle tasse d’iscrizione, talvolta elevate rispetto ai premi proposti e all’investimento in tempo e creatività che la scrittura non retribuita di una composizione richiede. Questo solleva inoltre interrogativi sull’accessibilità di tali concorsi per alcuni compositori internazionali, anche se riconosco che è sempre più difficile trovare fonti di finanziamento sostenibili. Inoltre, sarebbe auspicabile che un maggior numero di concorsi seguisse i propri vincitori, mettendoli per esempio in contatto con gruppi musicali o offrendo loro opportunità di commissioni o residenze artistiche.
Infine, penso che occorra considerare un concorso prima di tutto come un’occasione per imparare e migliorarsi. Incoraggio soprattutto i giovani compositori a osare e a fare il grande passo, può essere solo formativo!
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