Negli ultimi tempi, a causa della mia attività musicale, mi ritrovo a frequentare sovente la bella città di Parma. All’interno delle navate del Duomo, fra le tante lapidi di personaggi più o meno illustri, mi sono imbattuto in quella di Cipriano de Rore, un compositore del Rinascimento non conosciuto come altri. Il probabile luogo di nascita di Cipriano era una piccola città delle Fiandre, Ronse (Renaix), situata al confine tra le regioni di lingua francese e olandese. Tuttavia, il cognome de Rore (e le varianti de Rodere, Roere) appare nei documenti di Ronse già intorno al 1400. Cyprianus, un santo venerato nella collegiata di Sant’Ermete a Ronse, condivideva il nome con alcuni membri della sua famiglia.
La sua formazione musicale è avvolta nel mistero, anche se una frase suggestiva contenuta in un madrigale del 1559 dedicato a Margherita di Parma suggerisce una spiccata familiarità con lei. Margherita, figlia illegittima dell’imperatore Carlo V, potrebbe aver viaggiato con de Rore a Napoli nel 1533 prima di sposarsi con Alessandro de’ Medici, essendo nata a Oudenaarde, a sei chilometri dal luogo di nascita del nostro Cipriano. Prima di questo ipotetico viaggio, de Rore potrebbe aver ricevuto una prima formazione musicale ad Anversa. Molti talentuosi cantanti dei Paesi Bassi si recavano in Italia in giovane età quando venivano notati dalla nobiltà in visita. Personaggi come Orlando di Lasso e Giaches de Wert seguirono percorsi simili nel sud Italia. Invece affermare che de Rore studiò a Venezia con Adrian Willaert e fu cantante a San Marco è stato, ed è tuttora, un lungo dibattito senza prove e senza documentazione specifica. Tuttavia, la sua stretta relazione con Willaert e i suoi collaboratori, oltre alla visita a Venezia prima del 1542, suggeriscono un collegamento precoce con la città lagunare.
Successivamente de Rore si trasferì a Ferrara diventando, dal 6 maggio 1546, maestro di cappella al servizio del duca Ercole II d’Este. Durante questo periodo la sua prolificità musicale fu straordinaria con la composizione e pubblicazione di oltre cento brani tra il 1547 e il 1557. Nel 1556, il duca Ercole gli conferì alcuni benefici per il suo eccezionale servizio, cosicché la sua reputazione si estese in tutta Europa e scrisse per personalità come Carlo V e Wolfgang Engelbert I von Auersperg. Nel 1558, de Rore chiese un congedo da Ferrara per tornare in patria a curare i genitori malati. Nel 1559 lasciò nuovamente Ferrara, forse a causa delle preferenze del nuovo duca Alfonso II d’Este. Dopo una breve parentesi ad Anversa, ritornò a Parma nel 1560. Nel 1563, assunse l’importante ruolo di maestro di cappella a San Marco, ma lo mantenne solo fino al 1564, tornando poi a Parma e citando, quali motivazioni per lasciare Venezia, mal comportamenti in seno alla cappella e un salario insufficiente.
Cipriano de Rore morì a Parma nel 1565 all’età di 49 anni. Fu sepolto all’interno del Duomo e suo nipote Lodovico eresse una lapide con un epitaffio che prometteva di non dimenticare il suo nome.
La seconda delle cinque messe scritte da Cipriano de Rore, presumibilmente risalente alla metà degli anni 1550, è la Missa Praeter Rerum Seriem a sette voci. Ancora una volta, de Rore prende ispirazione da un’opera precedente di Josquin, in questo caso uno dei suoi mottetti natalizi dal titolo omonimo. Va notato che de Rore non è l’unico a essere stato affascinato da questo mottetto particolarmente strano; diversi compositori successivi, tra cui Peter Philips, Palestrina e Di Lasso, ne hanno studiato la complessa struttura polifonica, rendendogli omaggio parodiandone i temi nei propri lavori.
Il mottetto di Josquin è originariamente scritto per sei voci gravi; de Rore amplia ed illumina ulteriormente questa intricata trama aggiungendo una settima voce più acuta. In una dimostrazione di servile ossequiosità e abilità tecnica, de Rore utilizza una delle voci interne, nascosta nella densità della tessitura, per recitare un inno di lode al suo datore di lavoro (il Duca) ripetuto molte volte con note lunghe e lente. Questa voce interna risulta quasi sempre inudibile nella tessitura a sette parti data la complessità della musica che si sviluppa sopra e sotto di essa in ogni momento. Tuttavia, la sua integrazione impeccabile nel resto della messa, con una brillantezza tecnica che lascia senza parole, testimonia dell’ingegno virtuosistico del compositore. Questo tipo di acrobazia compositiva richiedeva un impegno accademico assai importante ma il risultato finale è praticamente invisibile all’ascoltatore. Questa non è una pratica insolita per de Rore; essendo un compositore che scriveva per guadagnarsi da vivere, spesso creava opere che, sebbene apparentemente ordinarie, nascondevano giochi intellettuali noti solo a lui, ai suoi interpreti e ai suoi contemporanei – vere e propri scherzi interni, potremmo dire.
La Missa Praeter Rerum Seriem rappresenta forse l’esempio più estremo di come de Rore abbia sfoggiato le sue capacità nell’arte di perseguire tali scherzi nascosti, ma sicuramente non è l’unico esempio. Il suo mottetto natalizio Quem Vidistis Pastores? offre un esempio altrettanto audace, anche se diverso. In questo caso, il trucco è praticamente impercettibile per l’ascoltatore: il brano è scritto in tre tonalità separate (Sol minore, Mib maggiore e Do maggiore) che suonano simultaneamente. De Rore organizza magistralmente queste tonalità in modo che si sovrappongano quasi perfettamente; durante l’intero brano c’è solo un’alterazione al di fuori delle tonalità d’impianto (oggi potremmo dire delle ‘armature in chiave’), un singolo cambio da Mi naturale a Mib in una linea della voce che canta in do maggiore, atto a evitare una falsa relazione. Anche gli esecutori potrebbero non essersi accorti di ciò che stava accadendo dato che utilizzavano libri di parti indipendenti e non avrebbero mai saputo che i loro colleghi stavano effettivamente cantando in tonalità diverse. Anche in questo caso, de Rore si diverte con uno scherzo privato, ma la gioia è temperata dalla consapevolezza dell’estrema audacia tecnica impiegata nella sua costruzione. L’apparente facilità di questa concezione artistica rivela il vero genio del compositore, che rende tutto così semplice e senza sforzo per chi ascolta, mentre la complessità dietro le quinte è il risultato di abilità e maestria straordinarie. Questo, in effetti, è il marchio dell’arte: apparire semplice e senza sforzo grazie alle abilità del creatore anche se approfondendo i dettagli di questi giochi compositivi ci si rende conto conto che nulla è apparentemente facile come sembra.
CYPRIANO RORI FLAND ARTIS MVSICAE VIRO OMNIVM PERITISS CVIVS NOMEN FAMAQ NEC VETVSTATE OBRVI NEC OBLIVIONE DELERI POTERIT HERCVLIS FERRAR DVCIS IV DEINDE VENETOR POSTRE OCTAVII FARN PARM ET PLAC DVCIS II CHORI PRAEFECTO LVDOVIC FRAT FIL ET HAER MOESTISS Ρ OBIIT AN M D LXV AET VERO SVAE XLIX |
“A Cipriano Rore, Fiammingo, di tutti gli uomini il peritissimo nell’arte musicale, del quale il nome e la fama non saranno rovinati dal tempo cancellati dall’oblìo; maestro di cappella di Ercole quarto duca di Ferrara, dappoi dei Veneziani, e finalmente di Ottavio Faruca di Parma e Piacenza, Ludovico, figlio del fratello e dolentissimo erede, pose. Morì nell’anno 1565, quarantanovesimo dell’età sua”. | ||
Iscrizione sulla lapide posta all’interno del Duomo di Parma, luogo di sepoltura di Cipriano de Rore. | Partitura della Missa Praeter Rerum Seriema sette voci. https://shorturl.at/hlX58 | Per ascoltare la Missa Praeter Rerum Seriema sette voci. https://shorturl.at/uzFN7 |